Rosset rimane in silenzio: «Verità da trovare altrove»
PORDENONE. «Era tranquillo». Così le avvocatesse Esmeralda Di Risio e Filomena Acierno, che assieme al collega Piero Cucchisi ne hanno sostenuto la difesa, definivano ieri lo stato d’animo di David Rosset, l’unico accusato dell’omicidio di Annalaura Pedron, avvenuto il 2 febbraio 1988, all’indomani della sentenza della corte d’assiste d’appello di Trieste che venerdì l’ha assolto per difetto di imputabilità.
Lui anche stavolta non ha commentato la decisione dei giudici, che ha riformato la sentenza di primo grado, la quale parlava invece di prescrizione del reato. «Il suo silenzio non è una strategia difensiva – hanno rimarcato le due legali –, semplicemente abbiamo sempre tenuto un profilo basso e continueremo a tenerlo, almeno sino a quando non leggeremo le motivazioni della sentenza, che saranno depositate entro 90 giorni».
Stanche, provate, ma senza dubbio soddisfatte Di Risio e Acierno per il risultato ottenuto, ovvero l’assoluzione del loro assistito, anche se in questi anni si sono battute per provarne l’innocenza, l’estraneità ai fatti. C’è grande curiosità, dunque, per capire le ragioni che hanno portato la corte a decretare la non imputabilità di Rosset, all’epoca poco più che quattordicenne.
«Da diverse perizie – hanno spiegato le due legali – è emerso che Rosset avesse un forte ritardo nella maturazione e che quindi nel 1988, anche se i 14 anni li aveva compiuti da poco, era come se fosse più giovane. Alla “maturazione anagrafica” non corrispondeva insomma quella psichica».
Sarà interessante capire se sia stata considerata influente l’appartenzenza alla setta Telsen Sao, se l’ambiente in cui era cresciuto avesse potuto condizionarne il comportamento.
«Resta il fatto – hanno concluso le avvocatesse – che la Procura non ha provato la sua colpevolezza. Dispiace molto per la famiglia della vittima, rimasta senza le risposte che comprensibilmente cercava. Ma quelle risposte non vanno cercate in capo a David Rosset».
Difficile che ciò possa bastare ai parenti di Annalaura Pedron, i quali da anni attendono una parola, una spiegazione, un segnale da parte del perito informatico pordenonese. E che invece, ancora una volta, hanno dovuto accettare il suo silenzio.
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