Rt sotto quota 1, ma il contagio è ancora alto: la regione resterà in zona rossa

UDINE. L’indice Rt del Friuli Venezia Giulia scende, a un mese di distanza dall’ultima volta, sotto quota 1, ma l’incidenza dei casi settimanali, ancora sopra il tetto dei 250 contagi ogni 100 mila abitanti, costerà quasi certamente la conferma della zona rossa alla nostra regione: senza dubbi fino al 13 aprile, ma è molto probabile che in realtà il ministro Roberto Speranza la imponga fino al 20, visto che le ordinanze impongono un minimo di 15 giorni di strette prima di poter salire a una classificazione migliore.
Andiamo con ordine, in ogni caso, analizzando la bozza di monitoraggio settimanale, consegnata nella mattinata di giovedì 1 aprile dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità alla Regione per eventuali segnalazioni, che verrà certificata venerdì in cabina di regia nazionale.
I dati di Roma spiegano come, pur in una situazione ancora molto difficile soprattutto a livello di pressione ospedaliera, la situazione in Friuli Venezia Giulia sia, per la seconda settimana di fila, in miglioramento.
L’ormai famoso indice Rt, infatti, è sceso da una mediana di 1.23 – e un range tra 1.2 e 1.28 – di sette giorni fa allo 0.98 di oggi – compreso tra 0.95 e 1.01 – toccando il dato più basso dallo scorso 28 febbraio. Questo significa, in poche parole, che il tasso di contagiosità all’interno dei confini regionali è in diminuzione come, peraltro, confermato pure dal numero dei casi comunicati alla sorveglianza integrata in calo del 29,5% contro il 22% dello scorso monitoraggio.
L’andamento delle positività acclarate in regione, quindi, dice che il totale dei test positivi una settimana fa era pari al 16%, mentre attualmente è calato fino al 14,8%, esattamente come per gli esami nel setting territoriale: erano il 16,6%, sono diventati il 15,2%. Praticamente stabile, per quanto anche in questo caso vada registrato un leggero calo, anche la quantità dei tamponi postivi effettuati all’interno degli ospedali e passati dal 12,2% al 12%. E se il tempo mediano tra data inizio sintomi e quello di diagnosi è sempre pari a tre giorni, è diventato di appena 24 ore, quindi migliorando il trend, quello tra data di inizio sintomi e l’isolamento del sospetto malato.
Stabile, andando oltre, il numero di figure professionali e dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing – 1.2 ogni 10 mila abitanti – e per le verifiche – sempre 1.2 ogni 10 mila persone –, così come la capacità di monitoraggio che si conferma molto alta e pari al 94,3%. Il miglioramento della pandemia, andando oltre, è dimostrato anche dal trend dei casi.
Una settimana fa, infatti, questi erano in crescita del 2% (5 mila 508 in sette giorni), oggi invece fanno segnare un calo del 19,3% (4 mila 443). In parallelo, quindi, il numero di casi per data di prelievo riportati alla sorveglianza integrata per singolo giorno passano dal -22% al -29,5%.
Sostanzialmente in linea con l’ultimo monitoraggio, invece, troviamo i focolai attivi sul territorio – erano mille 656, sono diventati mille 683 –, i nuovi cluster di contagio – passati da 669 a 681 – con, allo stesso tempo, un leggero aumento del numero dei casi di cui non è nota la catena di trasmissione saliti fino a mille 961 dai precedenti mille 782. Le vere note dolenti, come detto, riguardano, infine, l’occupazione dei posti letto negli ospedali.
Se nelle Terapie intensive il dato è calato di un punto percentuale – dal 47% al 46% –, ma resta abbondantemente oltre la soglia-limite del 30%, in area medica c’è stato addirittura un balzo di quattro punti arrivando al 53% su un tetto massimo, ministeriale, del 40%.
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