Sacchetti biodegradabili a pagamento, tutto quello che c'è da sapere

Il nuovo anno si è aperto con un'importante novità: le sportine di plastica per imbustare frutta, verdura, carne, pesce, affettati sono a pagamento. Al loro posto ci saranno shopper biodegradabili e compostabili che costeranno massimo 10 centesimi. L'Italia si adegua così, con due anni di ritardo, a una direttiva europea sullo spreco e sull'incidenza dell'inquinamento ambientale. Abbiamo raccolto qui tutte le informazioni, le risposte alle fake news e le opinioni dei consumatori friulani 
Clienti di un supermercato di Napoli con i sacchetti biodegradabili il cui costo, come indicato da cartelli, e' di un centesimo , 4 gennaio 2018..ANSA / CIRO FUSCO
Clienti di un supermercato di Napoli con i sacchetti biodegradabili il cui costo, come indicato da cartelli, e' di un centesimo , 4 gennaio 2018..ANSA / CIRO FUSCO

Primo gennaio 2018. Nessuna deroga, nessun periodo di transizione. L'anno nuovo è iniziato con un'importante novità per i consumatori italiani: le buste in plastica leggera, quelle usate per la frutta e la verdura (ma anche carne, pesce, prodotti di gastronomia e panetteria) sono state sostituite da buste biodegradabili, compostabili e a pagamento. 

Costeranno da un minimo di 2 centesimi a un massimo di 10. La novità ha preso molti in contropiede e ha scatenato un acceso dibattito sui social network: sacchietti bio sì o no? E tra le foto truffaldine di chi ha attaccato l'adesivo con il prezzo alla frutta e alla verdura (senza sapere che il pagamento della busta è legato al codice a barre dei prodotti di ortofrutta), si sono diffuse in rete notizie e convinzioni false sull'argomento. Qui una breve guida con tutto quello che c'è da sapere sui sacchetti biodegradabili a pagamento. 

La direttiva europea

Nell'aprile del 2015 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva 2015/720 con lo scopo di ridurre l’uso di borse in plastica a favore di sacchetti realizzati in materiali biodegradabili e compostabili secondo lo scandard internazionale Uni En 13432: 2002. Come si legge sul sito d'informazione Valigia Blu, il legislatore ha previsto due opzioni per l'attuazione della direttiva, lasciando libertà di scelta ai singoli paesi: 

1. Sacchetti limitati, ovvero l'adozione di misure che assicurano un utilizzo limitato di borse di plastica leggera per ciascun cittadino: entro il 2019 massimo 90 sacchetti cadauno, entro il 2025 massimo 40. 

2. Sacchetti a pagamento, ovvero l'adozione di strumenti volti ad assicurare che, entro il 31 dicembre del 2018, le borse in plastica non siano fornite gratuitamente. 

L'Italia per due anni ha ignorato tale direttiva e nel gennaio del 2017 la Commissione europea ha aperto cinque procedure di infrazione verso il nostro Paese. L'obbligo è stato introdotto solo lo scorso agosto con il considetto Dl Mezzogiorno (la legge 123/2017). Le misure puntano a ridurre proprio l'utilizzo di borse di plastica inquinanti vietando la commercializzazione di sacchetti di plastica con uno spessore superiore a 15 micron, prima gratuitamente disponibili nei supermercati. "A tal fine il prezzo di vendita deve risultare dallo scontrino".

In base alla legge italiana la riduzione avverrà in tre fasi:le buste dovranno essere realizzate con un contenuto di materia prima rinnovabile di almeno il 40%, che diventerà 50% dal primo gennaio 2020 e 60% dal primo gennaio 2021.



Il costo a famiglia è di 12 euro l'anno

Ma quali sono i prezzi applicati? Generalmente da 1 a 3 centesimi, secondo l’osservatorio messo in campo da Assobioplastiche. La prima ricognizione di mercato nella grande distribuzione mostra che Auchan, Conad, Coop Italia, Eurospar, Gruppo Gros e Iper hanno applicato un costo di 2 centesimi e da Lidl, Pam e Simply 3 centesimi. In alcuni negozi e farmacie il valore applicato è di un centesimo.



L’Osservatorio stima che il consumo di sacchi ortofrutta e buste per secondo imballo di carne, pesce, gastronomia, panetteria si aggiri complessivamente, a livello nazionale, tra i 9 e i 10 miliardi di unità, per un consumo medio di ogni cittadino di 150 sacchi l’anno. Ipotizzando che il consumo rimanga su queste cifre, con i prezzi appena rilevati la spesa massima annuale sarebbe attestata a 4,5 euro l’anno per consumatore. Assobioplastiche cita i dati dell’analisi Gfk-Eurisko, secondo cui le famiglie italiane effettuano in media 139 spese anno nella grande distribuzione organizzata: «Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta e verdura - sottolinea - il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti per un costo compreso tra 4,17 e 12,51 euro (considerando un minimo rilevato di 0,01 euro e un massimo di 0,03 euro)».

«Queste prime indicazioni di prezzo ci confortano molto - spiega Marco Versari, presidente di Assobioplastiche - perchè testimoniano l’assenza di speculazioni o manovre ai danni del consumatori. I sacchetti sono utilizzabili per la raccolta della frazione organica dei rifiuti e quindi almeno la metà del costo sostenuto può essere detratto dalla spesa». Maggiori perplessità da parte delle associazioni dei consumatori mentre Legambiente ritiene la procedura doverosa a fronte dei danni dall’abbandono dei sacchetti. 



In Europa infatti, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente, si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti, «e una parte di questi finiscono in mare e sulle coste», ha ricordato Legambiente.

Udine e la biobusta: qui costa da 1 a 4 centesimi

Da due a quattro centesimi, ma c’è anche chi applica lo sconto – rimettendoci – e fa scendere il prezzo a un centesimo. È questo il costo del biosacchetto nei supermercati della città e della provincia udinese, a seguito dell’entrata in vigore, dal primo gennaio, della legge approvata alla Camera lo scorso 3 agosto in sede di conversione del decreto legge Mezzogiorno, che bandisce gli involucri di plastica al reparto ortofrutticolo.

In giro per la città. Abbiamo fatto tappa in diversi punti vendita della città, per offrire una panoramica sui prezzi del nuovo involucro sostenibile che, mediamente, si aggirano intorno ai 2 centesimi, come nei negozi Coop, Lidl e Conad. Al Carrefour e al Panorama si paga 3 centesimi, mentre la più cara è la Pam express, dove per ogni sacchetto si deve sborsare 4 centesimi. I più economici sono invece i supermercati della catena Aspiag Service, con Eurospar, Interspar e Despar che hanno ribassato i costi a un centesimo applicando uno sconto e rimettendoci sul prezzo di acquisto dei sacchetti.
 
 


Un coro unanime: non è giusto. «Ci mancava pure questa ora. Finiranno veramente per farci pagare anche l’aria che respiriamo». Sarà che si dovranno abituare, sarà che come sempre le novità portano con sé lamentele, sarà che di questa storia di un cent qua un caffè la non se ne può più, ma i consumatori, questa direttiva sui sacchetti bio per la frutta e la verdura, proprio non l’hanno ancora digerita.

Due o tre centesimi non cambieranno la vita, ma per chi vive con uno stipendio o una pensione risicata, a fine mese o a fine anno, possono fare la differenza, proprio perché si sommano a tanti altri cent, per questo e per quello. 
 
La signora Maria, per esempio, è assolutamente contraria. «È una legge europea ma è applicata solo in Italia: perché dobbiamo sempre anticipare le direttive, mentre gli altri se ne infischiano? Il Governo – aggiunge – ha scaricato la patata bollente sui supermercati che non hanno colpe. Le commesse sono delle sante e hanno la pazienza di ascoltare chi protesta». Annalisa all’uscita del negozio di frutta e verdura è arrabbiata e non accetta il divieto sui sacchetti di plastica, facendone una questione di principio. «Non capisco cosa ci facciano allora i cassonetti della plastica – si chiede –. A cosa serve la raccolta differenziata? Adesso ci inventiamo una legge soltanto per far pagare il consumatore? Sa di presa in giro». «È incredibile che l’Italia si perda dietro a questi balzelli – tuona Rosalba –. Ho pagato 4 centesimi. Non ne faccio una questione economica ma di principio. È indecente».
 
Anna, invece, allarga le braccia e sospira. «Ci dobbiamo adeguare. Non possiamo fare nulla se non alzare le mani quando ci sono imposte queste norme. Io avrei fatto volentieri a meno di questa tassa». Un’altra consumatrice esce dal supermercato con in mano un sacchetto: dentro ci sono un’arancia e una mela. «Già prima mettevo tutte le cose dentro un sacchetto, ora lo faccio perché sono contraria a questa norma. Non mi vergogno a dirlo: lo faccio apposta».
 
C’è anche chi è d’accordo, come Tiziana: «Per me è giusto dal punto di vista ecologico e miglioriamo la raccolta differenziata, ma effettivamente mi metto nei panni del consumatore e questa decisione grava un po’ troppo sui clienti dei negozi: finiremo – scherza –, che ritorneremo a fare la spesa con la borsa di paglia come ai tempi di mia nonna».

All’uscita dal supermercato di Pordenone non tutti si erano accorti del nuovo balzello: la borsa dove si inseriscono frutta e verdura da un paio di giorni è a pagamento. Sia chi lo ignorava sia chi già lo sapeva per la stragrande maggioranza la considera una spesa antipatica, di cui si poteva fare volentieri a meno.



 
I prezzi nel Pordenonese. Le catene di supermercati hanno un ventaglio di possibilità nel pagamento del sacchetto bio, che va da 1 a 5 centesimi. La prima ricognizione effettuata da Assobioplastiche nel mercato della grande distribuzione mostra che da Auchan, Conad, Coop, Eurospar, per citarne alcuni, viene applicato un costo di due centesimi, invece è di 3 centesimi alla Lidl e alla Pam, 1 centesimo da Visotto (dove ieri abbiamo effettuato le interviste).
 
Le opinioni. Alla cassa del supermercato la merce scorre tranquilla sul tapis roulant, comprese la frutta e la verdura, confezionate nei nuovi sacchetti biodegradabili. La cassiera effettua il conto, che include il costo del sacchetto, in modo pressoché automatico (anche se ieri era di fatto il secondo giorno della procedura), mentre i clienti che pagavano il conto nelle casse automatiche self service venivano di volta in volta avvertiti da un’operatrice del supermercato che, oltre alla merce nel sacchetto, doveva essere conteggiato anche il sacchetto stesso. «Paghiamo un centesimo, ma inquiniamo lo stesso», ha affermato Dino di Prata, perplesso sull’effettivo beneficio contro l’inquinamento di questi nuovi sacchetti.



A conti fatti, non se n’era nemmeno accorta Pauline, che vive a Pordenone ma ma è di origini inglesi. «Ce lo chiede l’Europa: e poi ci si domanda perché gli inglesi hanno deciso di uscire dall’Unione europea», ha affermato. Chi è ancora abituato a conteggiare i costi della merce facendo la proporzione tra i centesimi di euro e le vecchie lire afferma perplesso. «Sono 20 vecchie lire per sacchetto»: così ha ragionato Grazia Piccin dopo il pagamento della spesa. «Se non dovessi pagare sarebbe meglio – ha aggiunto rassegnata –. È vero che si può riutilizzare per la raccolta del rifiuto umido, ma è piccolo per la dimensione del mio bidoncino. E poi non è trasparente e, una volta giunta alla cassa, non è facile per la cassiera capire cosa c’è dentro».

C’è chi ritiene che sarebbe stato meglio rincarare la merce di un centesimo, senza dove applicare un costo al sacchetto. «È una spesa affrontabile e l’affronteremo – ha affermato Maria Gabriella Perosa –, ma si poteva gestire diversamente: in questo modo, il costo del sacchetto è più antipatico». «Non lo trovo giusto», ha commentato Giovanni Vicenzotto. Ma c’è una voce fuori del coro: nel bar attiguo al supermarket c’è chi sostiene che è una questione di igiene e si producono meno rifiuti.



Domande e risposte

Abbiamo raccolto e risposto a tre delle domande più frequenti sul tema dei sacchetti biodegradabili, tra fake news e dubbi espressi da associazioni e cittadini. 

1. Lo scontrino sul prodotto
Sui social sono molto condivise le foto in cui si vedono arance o noci non imbustate con sopra l'etichetta del prezzo. Ma se applichiamo il codice a barra sul singolo prodotto evitiamo di pagare il sacchetto? La risposta è no. Valigia Blu riporta la spiegazione di Maddalena Balacco su Pianeta Donna: "per legge e per comodità, la busta viene contata ogni qual volta si passa un codice a barre alimentare per alimenti sfusi sul lettore. Quindi se si comprano dieci arance e si producono dieci etichette, alla cassa verranno conteggiate dieci buste bio. La "resistenza all'etichetta" è quindi non solo sciocca ma anche poco producente. 

2. I sacchetti da casa
Si possono portare i sacchetti da casa? E si possono riutilizzare le buste vecchie? A chiarire la situazione è il sottosegretario alla Salute, Giuseppe Ruocco: sarà possibile portare i sacchetti biodegradabili da casa ma solo se sono monouso. Secco no, invece, per il riutilizzo di buste già utilizzate: "Questa pratica - spiega Ruocco - determinerebbe il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni proiblematiche. Il titolare dell'esercizio commerciale ha la facoltà di verificare l'idoneità dei sacchetti. 
 
3. La teoria del complotto
WhatsApp, Messanger, Facebook, Twitter e altri social: qui è circolata (e si è diffusa in pochissime ore) la notizia priva di fondamento di un legame tra la legge sui sacchetti a pagamento e il "crescente potere del Pd". In particolare l'attenzione degli utenti social si è concentrata sul nome di Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont, l'azienda italiana delle shopper bio. Bastioli viene accostata a Matteo Renzi per aver partecipato come oratrice alla Leopolda del 2011. La Novamont, però, opera in Italia insieme ad altre 150 aziende e non detiene quindi alcun monopolio. Su Repubblica il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, conferma l'infondatezza delle accuse. Stessa cosa fa il segretario democratico con un lungo post su Facebook



 

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