Salp in crisi: i lavori ci sono, i soldi no

BAGNARIA ARSA. Ha firmato contratti per decine di milioni di euro, ha investito in operazioni di start-up in Paesi esteri ritenuti strategici per la sua fetta di mercato e, con gli uffici commerciali sparsi tra Nord Africa, Balcani e Medio Oriente, conta su una credibilità nazionale e internazionale che, in quasi sessant’anni di attività, ne ha fatto una delle aziende leader nella realizzazione di opere nel settore oil & gas.
Eppure, la “Società appalto lavori pubblici spa” di Bagnaria Arsa, frazione di Sevegliano, ha da poco presentato ricorso al tribunale di Udine per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva. A una soluzione, cioè, alternativa al fallimento.
La decisione è stata deliberata dal Consiglio d’amministrazione lo scorso 28 dicembre, a conclusione di un anno che aveva già visto scendere il numero degli addetti da 296 a 251, e al culmine di una crisi di liquidità che, al momento, non pare suggerire altra via d’uscita.
Nulla, fuorchè un piano che, preservando la continuità aziendale e, quindi, anche tutti gli appalti in corso, permetta di cogliere la doppia opportunità offerta dall’interesse manifestato da due società per l’affitto di un suo ramo d’azienda e per l’acquisizione di una cospicua parte del capitale sociale.

A pesare sugli equilibri economico-finanziari dell’azienda è stata una concomitanza di cause: da un lato, le dinamiche contrattuali con Snam rete gas spa, colosso italiano nella realizzazione e gestione integrata delle infrastrutture del gas naturale, e, dall’altro, la scarsa disponibilità del sistema bancario.
«Negli ultimi tre anni – si legge nell’istanza presentata dal presidente Ugo Frata al tribunale –, alcune commesse non hanno soddisfatto le aspettative economiche della società, contribuendo alla lenta erosione della sua capacità finanziaria». E questo, spesso, a causa di extra-works, cioè di ulteriori diverse attività richieste dai committenti rispetto a quelle contrattualmente pattuite.
Gli esempi riportano, appunto, a Snam di Verona, di Mazara del Vallo e di Biccari. Oltre che alla commessa di Tigf (società francese acquisita da un consorzio formato, in maggioranza, da quote di Snam), con cui non a caso è in corso un contenzioso in cui Salp vanta crediti per oltre 8 milioni di euro, ma presenta anche un debito di 4,9 milioni nei confronti di Ifitalia.
È con l’esercizio 2016 che la contrazione, calcolata in un calo del volume d’affari pari a circa il 50 per cento, mette in allarme board e collegio sindacale.
«La rotazione delle grandi commesse Snam – continua la relazione – ha causato una temporanea crisi di liquidità della società, che ne esegue una ogni due anni». E così, in attesa di poter fatturare l’ultimo contratto, di Mortara, «Salp ha dovuto sopportare i realtivi costi inerenti personale, leasing e spese generali». E ha dovuto adeguarsi anche alla nuova condizione contrattuale, in base alla quale Snam non concede più il consueto anticipo del 20 per cento sull’importo complessivo della commessa.
Non meno penalizzante, secondo la ricostruzione fornita al tribunale, la scelta di Snam di pagare le commesse «per porzioni di lavoro completo e non sulla base della produzione mensile». I conti, anche in questo caso, sono presto fatti: 9 milioni di euro di lavori eseguiti nel corso del 2016, ma ancora non contabilizzati, in quanto non interamente conclusi. E quindi, un portafogli pieno sulla carta, ma povero in cassa.
Da qui, la centralità del sostegno delle banche e – lascia intendere il Salp, attraverso gli avvocati Stefano Valerio e Lorenzo Pintus, del foro di Milano – l’insufficienza della loro risposta. La società si è sentita abbandonata innanzitutto sul fronte dello sconto bancario «per i crediti derivanti da un contratto per circa 90 milioni di euro»: il pool di istituiti di credito cui si era rivolta «non ha poi erogato alcun anticipo».
Non meno deludente il feedback sugli affidamenti bancari, giudicati «inadeguati a sostenere le necessità di cash flow nei pochi mesi di inattività delle grandi commesse, tra l’inverno 2015 e l’inverno 2016», specie «a fronte di contratti per un valore complessivo di circa 140 milioni di euro».
La scelta del concordato preventivo, al posto di una soluzione liquidatoria, tuttavia, dimostra che l’àncora di salvezza esiste. A offrirla, come suggerito nel ricorso, potrebbero essere la Max Streicher spa, di Parma, che ha di recente chiesto informazioni sul ramo d’azienda di Salp comprensivo dell’appalto con Snam per la costruzione del metanodotto Cervignano-Mortara, e la Gener2, società albanese «interessata ad acquisire una cospicua porzione del capitale sociale di Salp». Sarà ora il tribunale a valutare l’adeguatezza della proposta e, se del caso, concedere all’azienda il tempo necessario per redigere il piano.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto