Sanità: crescono i costi, non la qualità

UDINE. Ecco due dei motivi per cui la riforma della sanità è necessaria. Perché la sanità del Fvg ha perso competitività e qualità, perdite accompagnate da una crescita rilevante della spesa sanitaria. È la Sezione di controllo della Corte dei conti a mettere a paragone i dati del sistema della Salute nel 2002 e nel 2012 (gli ultimi forniti dal ministero per tutte le regioni d’Italia).
Il risultato è che la virtuosità del sistema sanitario va recuperata e ricostituita, perché virtuoso significa un’ottimale gestione dei servizi accompagnata a un uso oculato delle risorse. In Fvg non è così.
Una constatazione ancora più amara considerato che il Fvg si paga da sè il sistema sanitario, senza attingere risorse al Fondo nazionale per la Sanità. Un rilievo non banale visto che la giunta di Debora Serracchiani (al governo da maggio 2013) ieri in giunta ha avviato la riforma della Sanità.
Valutazione buona, non elevata
Il bilancio 2013 ha ottenuto la parificazione della Corte dei conti. Nella relazione che raffronta i dati 2002/2012 per tutta Italia, viene sottolineato che «dal punto di vista dell’efficienza, della qualità delle strutture sanitarie e delle prestazioni erogate – è scritto nella relazione della Sezione di controllo –, gli indicatori di risultato e di attività conducono a una valutazione di buona qualità dell’assistenza ospedaliera, ma sicuramente non elevata».
La crescita della spesa
Dal 2002 al 2006 l’andamento della spesa sanitaria era in linea con quello nazionale e sempre sotto rispetto alla media nel Nordest. Dal 2007 al 2012, invece, il trend di spesa è contraddistinto da una decisa crescita. Dal 2013, invece, viene registrata una discesa della spesa, rileva la Sezione. Che però evidenzia anche degli arretramenti del Fvg rispetto alle altre regioni italiane, soprattutto sul fronte della prevenzione.
«Dal 2002 al 2012 – scrivono i giudici contabili – emergerebbe che l’aumento della spesa corrente regionale non sia stato accompagnato da un corrispondente aumento dei livelli delle prestazioni sanitarie. Si è inoltre configurato un forte disequilibrio nella ripartizione delle risorse nei tre ambiti di garanzia dei livelli essenziali di assistenza – distrettuale, ospedaliera e di prevenzione – rispetto ai valori di riferimento fissati nell’intesa tra Stato e Regione per lo sviluppo del sistema sanitario».
La Sezione di controllo afferma quindi l’esigenza di adottare misure molto incisive per garantire un’ottimale gestione dei servizi e un uso attento delle risorse.
Il nodo della riforma
La relazione entra anche nel merito di alcuni contenuti della riforma Serracchiani. Un capitolo in particolare è dedicato all’integrazione tra aziende ospedaliero-universitarie e aziende per i servizi sanitari. La Sezione rileva che nell’integrazione disegnata dall’assessore Maria Sandra Telesca è necessario monitorare e prevenire alcuni rischi latenti.
L’elenco dei rischi elaborato dai giudici è preciso. Va da un possibile aumento della degenza media alla difficoltà di rivedere le unità operative e nell’obiettivo di ridurre i costi. La Sezione avverte anche che un’attenzione particolare va riservata alla distorsione del mercato dell’offerta di servizi sanitari, che l’integrazione potrebbe provocare.
Conclusioni cui la Sezione è arrivata dopo aver approfondito e paragonato il sistema del Fvg con quello di Emilia-Romagna, Toscana e Umbria, le tre regioni più virtuose nella sanità. E Toscana, Emilia-Romagna e Umbria hanno mantenuto una netta separazione tra Aziende sanitarie territoriali e strutture ospedaliere complesse articolate in aziende ospedaliero-universitarie.
Non solo. I giudici sottolineano anzi che le riforme fatte in Emilia-Romagna e Toscana hanno previsto una rimodulazione e riarticolazione dei servizi territoriali per arrivare così a un loro sviluppo.
Telesca: ecco perché la riforma
L’assessore ripercorre le tappe del documento della Sezione di controllo. E ribadisce l’obiettivo della riforma: la continuità tra ospedale e territorio. «Una cosa è il giudizio di parificazione, che il bilancio 2013 ha ottenuto – spiega Telesca – un conto è la relazione realizzata sui dati del 2012 e in aprile, quindi prima del giudizio di parificazione, cui abbiamo anche risposto. I giudici contabili riconoscono che nel 2013 c’è stata un’inversione di tendenza della spesa, elemento che rappresenta un buon inizio.
E la spesa ha cominciato a diminuire soprattutto perché abbiamo introdotto i costi standard, proprio per riportare il sistema a una maggiore virtuosità. Anche per recuperare competitività e ritornare virtuosi facciamo la riforma e abbiamo puntato sui costi standard che sono il principio cardine della nostra gestione». Telesca ribadisce poi che sull’integrazione tra ospedali universitari e territorio non si torna indietro.
«Su questo aspetto in aprile abbiamo inviato una serie di contro-deduzioni alla Sezione di controllo, anche perché la riforma non era ancora dettagliata e soprattutto non era stato siglato il patto della salute con il ministero. E il Patto – aggiunge Telesca – stabilisce la continuità tra ospedale e territorio e chiarisce che va rivisto profondamente l’assetto organizzativo della sanità, proprio per perseguire quell’obiettivo. Anche le altre regioni italiane dovranno porsi questo tema, perché siamo in un momento di revisione complessiva della Sanità. Noi siamo un passo avanti agli altri e abbiamo individuato questo sistema. Perché è vero che nell’integrazione medici, infermieri, operatori sono diversi, ma il paziente è sempre lo stesso. E il sistema che deve adeguarsi alla persona, non il contrario. Noi abbiamo individuato questa riorganizzazione, ma se altri sono pronti a dimostrarmi che ci sono idee migliori resto disponibile ad ascoltare e a correggere. Il nostro obiettivo è chiaro – conclude Telesca – e sulla continuità tra ospedale e territorio non si torna indietro, assolutamente no».
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