Sanità, due chilometri nei sotterranei sedato e intubato per sottoporsi a un intervento

UDINE. Due chilometri sul lettino. Destinazione sala operatoria. È l’itinerario che oggi, lunedì 14 agosto, dovrà fare un paziente ricoverato alla Cardiochirurgia dell’ospedale di Udine, sedato, intubato e pronto per essere sottoposto a un intervento con tanto di medico anestesista, infermiere e portantino al seguito nei sotterranei del complesso ospedaliero.
A denunciare quello che provocatoriamente definiscono “turismo ospedaliero” sono i vertici del Sindacato delle professioni infermieristiche che denunciano problemi di sicurezza sia per i pazienti sia per il personale e puntano l’indice contro nuovo Atto aziendale.
A spiegarne i motivi è Stefano Giglio consigliere nazionale Nursind: «Più volte è stata cassata da diverse parti la prima stesura di quello che i vertici dell’Asuiud ipotizzavano potesse essere l’Atto aziendale, documento in arretrato di almeno sei mesi che dovrebbe individuare e delineare la strada maestra da seguire nella programmazione e nella gestione futura del nosocomio udinese – mette in chiaro Giglio –. Le nuove direttive indicavano che la gestione dei pazienti degenti in rianimazione Cardiochirurgia sarebbero transitati nel dipartimento delle Terapie intensive generali e dell’Anestesia.
Nonostante la levata di scudi da parte di alcune parti in causa – continua – il primo paziente con specifiche problematiche cardiochirurghe sarà accolto nella Terapia intensiva generale».
Nello specifico, spiega il sindacalista, il paziente sarà trasferito attraverso i sotterranei dalla Cardiochirurgia, che si trova nel padiglione 5, fino al nuovo ospedale, dove attenderà la programmazione dell’intervento chirurgico, con annesso trasferimento in andata alla Cardiochirurgia, per poi rientrare alla Terapia intensiva generale per la prosecuzione delle cure.
«Fra i due padiglioni c’è una distanza di circa un km – osserva Giglio –, ci chiediamo come si possa pensare a tutto questo via vai quando il dipartimento di Cardiochirurgia dispone di dieci letti di terapia intensiva adiacenti al blocco operatorio.
Esporre un paziente così delicato a trasferimenti importanti e a tutti i rischi connessi – aggiunge – potrebbe avere risvolti importanti.
Senza dimenticare che questa tipologia di pazienti ha caratteristiche che impongono competenze tecniche assistenziali che non si acquisiscono in cinque minuti».
Il responsabile del Nursind segnala che, nel recente passato, il personale della Terapia intensiva generale è stato criticato per l’incapacità nella gestione di banalissimi presidi toracici da parte proprio della componente medica della Cardiochirurgia.
«Se la visione prospettica futura è questa – osserva Giglio –, allora dovremmo aspettarci che particolari pazienti ora in carico alla Terapia intensiva 1 finiscano proprio in rianimazione cardiochirurgia come i pazienti traumatizzati cranici o anche i pazienti pediatrici».
Critico anche il presidente provinciale Nursind Afrim Caslli: «Oltre a essere contrario al “turismo ospedaliero”, auspico che l’Azienda trovi nell’immediato soluzioni in modo che i pazienti non risentano di questo disagio e che il personale non sia costretto a questo via vai, togliendo risorse dalla semintensiva in Cardiochirurgia e creando disagio ai colleghi della Terapia intensiva che sono preparati ad altri tipi di intervento. Mi chiedo come mai sia stata adottata una scelta del genere e perché non sia stata spiegata al personale».
E ne approfitta per segnalare la carenza di organico che coinvolge proprio la Cardiochirurgia. «La situazione degli infermieri è drammatica da circa un anno – sbotta Caslli – nonostante gli sforzi di tutti i nostri colleghi con turni massacranti, rientri anche nelle giornate di riposo e di ferie e la reperibilità, la situazione rimane tale e l’Azienda non riesce a porvi rimedio, così molti colleghi hanno chiesto la mobilità in quanto non possono più reggere questi ritmi».
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