Sanremo, il vincitore è Diodato. Secondo Gabbani, terzi i Pinguini Tattici Nucleari

Ieri la finale con il monologo di Tiziano Ferro sui suoi primi quarant’anni. Accuse di plagio per Pelù

INVIATO A SANREMO. Il verdetto, finalmente. Vince Diodato con Fai rumore, secondo Gabbani con Viceversa, terzi i Pinguini Tattici Nucleari con Ringo Starr. Ci sono volute cinque ore di spettacolo e altrettante serate, ma abbiamo il podio del Sanremo 70. La classifica è stata accolta, come da tradizione, da fischi e schiamazzi in teatro e in Sala stampa. Da segnalare che Junior Cally, la pietra dello scandalo della vigilia, si è piazzato penultimo, appena prima dell’indifendibile Riki. Al suo festivalone extralarge, Amadeus non ha fatto mancare nulla. Idem nella puntata terminale, stipata di ospiti e divagazioni. Il debutto ci dà parecchio dentro con il nazionalpopolare: Patria e calcio, binomio infallibile. La Banda dei carabinieri suona Fratelli d’Italia e Cristiana Capotondi, incantevole, regala palloni griffati in qualità di presidente della Lega pro. Qui naturalmente è mancata un po’ d’inventiva: sarebbe stato fantastico far cantare l’Inno ad Achille Lauro avvolto nel Tricolore come Gea della Garisenda. Poi i carabinieri se ne vanno al ritmo della Fedelissima e Amadeus in smoking paillettato, comunque un progresso rispetto all’abituale metallizzato, lancia uno show mediamente mesto, eccessivamente prolisso ma tutto sommato tollerabile.

Si parte con uno dei soliti fardelli d’Italia, Michele Zarrillo. L’ingresso di Elodie meravigliosamente svestita dà adito a irriferibili commenti degli habitué più rozzi della Sala stampa. Per molto meno, il povero Amadeus sarebbe stato crocifisso nella sala mensa di viale Mazzini, e dalle stesse persone. Però bisogna ammetterlo: sarà l’assuefazione, o magari la rassegnazione, ma dopo cinque giorni, e soprattutto dopo cinque notti, questo biasimato nazionalpop diventa quasi sopportabile. La prima ospite è la zia della Patria, insomma Mara Venier, che si toglie le scarpe per scendere lo scalone. Poi, fra un inutile Nigiotti e una pleonastica Grandi, sbuca finalmente la ragion d’essere di questo Sanremo: Fiorello. Subito una raffica di battute, in diretta dal dietro le quinte: «Ho visto Rita Pavone giocare a burraco con Dua Lipa e Piero Pelù che struccava Achille Lauro». Poi passa al travolgente successo del festival, «Ho visto Floris che parlava di pensioni con Elettra Lamborghini», e ammette: «I vertici Rai ci hanno proposto di fare il bis: la risposta la daremo alla fine di questa puntata, la settimana prossima». Chiede l’applauso per l’amico Amadeus e si commuove un po’: ci sta, in questo festival delle lagrime. Il bravo presentatore entra con la parrucca di Maria De Filippi.

E avanti così, apparentemente senza fine. Amadeus ha ascoltato il grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di lui e cerca di sbrigarsi. Ma la scaletta, anche scorciata, ha lo spessore di un tomo della Treccani, e la stessa leggerezza. Si rivedono altri eroi delle cinque giornate di Sanremo, tipo Diletta Leotta o Alberto Urso, che curiosamente esibisce la sua tenorilità vintage in un outfit giovanilista con strappi e scarpe da ginnastica. A proposito: all’Ariston, l’intonazione resta la grande assente. Si potrebbe magari dedicarle una puntata di Chi l’ha visto?. Spiccano e spaccano Piero Pelù, che ne approfitta per fregare la borsetta a una madama in platea (ma sulla sua canzone infuriano sospetti di plagio, ottimo, finora questo classico sanremese mancava), i dirompenti Pinguini Tattici Nucleari, Francesco Gabbani con dedica «a tutte le persone deboli» e il solito flamboyant Lauro vestito da Elisabetta I d’Inghilterra, con gorgiera, parrucca rossa e bacio in bocca al chitarrista in bermuda. Fiorello chiosa: «Lui è talmente avanti che è già lunedì». Elettra Lamborghini mostra forse più seno di quanto ammissibile su Rai1, ma ormai è l’una.

E poi Francesca Sofia Novello in quota Motogp, Sabrina Salerno cui stavolta non tagliano Boys boys boys, la madeleine degli ex paninari, insomma tutto il circo cui, perversamente, siamo quasi affezionati. Tiziano Ferro non si limita a cantare ma monologa sui suoi primi quarant’anni orgogliosamente gay: «Non sono sbagliato. E la felicità non è un privilegio, è un diritto». Arrivano Biagio Antonacci e Vittorio Grigolo che prima o poi (meglio prima che poi) dovrà decidere se da grande fare il tenore o la popstar. La Sala stampa tifa Diodato, che infatti incassa il Premio della critica Mia Martini. Alla fine, non è stato un brutto Sanremone.

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