Santuz: «Ecco come salvai l’ente "Friuli nel mondo" dal tracollo finanziario»
UDINE. C’è una data: il 14 agosto 2006. C’un luogo: Pontebba. E c’è uno slogan che divenne il refrain del “nuovo” Ente Friuli nel mondo. Eccolo: “Dalla valigia di cartone alla valigia tecnologica”. A coniarlo fu l’allora presidente del medesimo ente ed ex ministro, Giorgio Santuz.
Era successo poche settimane prima, a Meduno, quando durante la messa uno degli emigranti aveva fatto dono di una valigia di cartone. «Un simbolo - dice Santuz - datato, che rappresentava la prima emigrazione. Non quella per così dire 2.0. Poi a Pontebba...».
Quella frase divenne il motto del new deal dell’Ente Friuli nel mondo che aveva attraversato il guado dopo la tempesta politico giudiziaria. È così?
«Sì. La valigia di cartone simboleggia la storia, le radici poste a dimora dai primi, coraggiosi emigranti. Quella tecnologica voleva significare la definizione di nuove strategie da attuare in base alla globalizzazione e in virtù di una nuova emigrazione, quella appunto di giovani friulani laureati e professionisti».
Torniamo un po’ indietro e partiamo da quando lei arrivò all’Ente Friuli nel mondo. Siamo sempre nel 2006.
«L’Ente era in piena bufera. Bufera amministrativa con la Regione e giudiziaria con la Procura di Udine».
Un altro, doveroso passo indietro. Cos’era accaduto prima all’Ente Friuli nel mondo?
«Tante cose. Ma vorrei limitarmi a quelle essenziali».
Va bene, partiamo...
«Tutto traeva origine da un finanziamento previsto per gli argentini di origine friulana durante la crisi di quel Paese. Si trattava di 350 mila euro. E trattandosi di cash la Regione li aveva anticipati con delibera e versati all’Ente».
Poi, come raccontano le cronache, quei soldi finiscono invece per ripianare il bilancio dai debiti...
«So soltanto che furono rendicontati 17 mila euro. Del resto quei soldi non sarebbero serviti perché nessun emigrante argentino ritornò qui in Friuli».
Scusi, ma la Regione come reagì di fronte di questa rendicontazione?
«La Regione battè cassa e, ovviamente, chiese spiegazioni. Fu un periodo tormentato e per uscire dalla secche della crisi venne proposta la presidenza a rotazione. È così all’Ente Friuli arrivò il presidente della Provincia di Gorizia, Giorgio Brandolin».
Poi cosa successe?
«Beh, Brandolin vede i conti, passano due mesi e getta la spugna. Se non ricordo male, lui che non c’entrava nulla, venne anche chiamato dai magistrati. Proprio in qui giorni prese avvio l’azione giudiziaria. È a quel punto che la Fondazione Crup disse stop alla rotazione della presidenza».
E il vertice della Crup, per bocca di Antonini Canterin, la invitò, anzi, le chiese la cortesia di presiedere un ente in crisi devastante.
«Ricordo che arrivai in sede e non senza stupore trovai le stanze sigillate e i faldoni sequestrati».
A quel punto cosa fece?
«Chiesi alla Procura di poter riavere i faldoni anche per capire bene come dovevo muovermi. La Procura accettò e così mi misi subito al lavoro».
Ma intanto l’Ente era senza soldi, anche per l’ordinaria amministrazione. Come si mosse?
«Guardi, ricordo soltanto che fui costretto ad anticipare io gli stipendi dei dipendenti fino a che la Fondazione ci venne in soccorso mettendoci a disposizione una somma importante. Se non sbaglio si aggirava sui 200 mila euro. Va anche detto che alcuni commercialisti nel frattempo sistemarono il bilancio gratuitamente».
Ok, ma non rimaneva da sistemare lo “scoperto” con la Regione che vi aveva già sollecitato la restituzione della somma?
«E infatti dall’allora dirigente della Direzione centrale corregionali all’estero, Giuseppe Napoli, mi fu annunciato il regalo di Natale. Ovviamente percepii che tirava brutta aria».
In cosa consisteva quel “regalo”?
«L’allora assessore regionale Antonaz mi inviò una lettera. L’oggetto era inequivocabile: “Restituzione somme”. Venivo informato che dovevo provvedere alla restituzione immediata di 331 mila 593,63 euro. C’era qualche ragguaglio sul come effettuare il versamento e un laconico “cordiali saluti”. E pensare che avevo appena riaperto i conti con la Crup. Insomma...».
Insomma?
«Era praticamente una richiesta propedeutica alla chiusura dell’ente. Sobbalzai. Ma non mi diedi per vinto. Serviva però una soluzione immediata».
A quel punto si trattava non tanto di restituire i soldi, ma di salvare l’Ente Friuli dalla fine. Cosa accadde in seguito?
«Avvertii l’allora consigliere regionale Roberto Molinaro che a sua volta coinvolse il suo collega Giorgio Baiutti. I due predisposero un emendamento alla Finanziaria in discussione di lì a poco. Si trattava di un emendamento secondo cui quelle somme rivendicate e corredate da pezze giustificative erano state usate per la normale gestione dell’Ente Friuli nel mondo».
Se non ricordo male qui entra in ballo una sorta di leggenda secondo cui quell’emendamento fu presentato e votato nel corso di un’assenza di Antonaz uscito dall’aula per recarsi in bagno. Andò così davvero?
«Anche a me risulta questa circostanza. Fatto è che l’emendamento passò e in conseguenza di questa modifica legislativa quello contestato all’ente non si configurava più come un reato. Il presidente Toros e il direttore Clavora furono prosciolti dall’accusa di peculato perché il fatto non sussisteva».
Immagino la sua soddifazione.
«Enorme. Sia perché avevamo salvato l’ente, sia perché questa vicenda mi aveva dato forza per ripartire con entusiasmo».
E infatti pochi mesi dopo c’è la convention dell’Ente a Pointebba.
«Il manifesto fu scritto da Mauro Pascolini che svolse la relazione in friulano. Io avevo appena dichiarato che erano state definite le nuove strategie in base alla globalizzazione. A Pontebba abbiamo tracciato la linea anche assieme al direttore Fabrizio Cigolot: quella della continuità con la valigia di cartone e quella, appunto, della necessità di trovare collegamenti moderni con le nuove generazioni, con i titolari cioè della valigia elettronica».
Parliamo allora di questa nuova generazione di emigranti 2.0
«Ho fondato una trentina di Fogolârs. Ricordo con piacere quelli cinesi di Pechino, Shanghai e Hong Kong. Percepii che i nuovi Fogolârs non si radicavano più come un tempo attraverso generazioni di gruppi geografici, ma nascevano per così dire attorno a un computer e a emigranti che si spostano, a professionisti nel mondo».
Che mi pare la linea auspicata in fase di trattativa per individuare il nuovo direttivo del presidente sia della Fondazione Crup, Lionello D’Agostini, sia della Provincia, Pietro Fontanini, sia dall’uscente Pietro Pittaro.
«Esatto. Il segnale di partenza mi pare molto buono. Ora tocca a Luci dare seguito a quel proposito. Ma sono ottimista perché lui è entusiasta e ha anche una grande squadra».
Gli darebbe un suggerimento?
«Si, di ripristinare ancora di più i rapporti con tutti gli enti economici, con le Cciaa e le banche per creare una sorta di banca dati dei giovani che vanno all’estero, in base alle professioni e alle opportunità. I giovani, figli ora di un’emigrazione tecnologica e fluttante, devono essere i nostri ambasciatori. E l’Ente deve rimanere il raccordo emigranti, imprese e Paesi ospitanti».
Con l’ex presidente Toros tutto chiarito?
«Ma certo, non c’era nulla da chiarire. C’è stato qualche problema dettato dalle circostanze difficili. È stato un buon presidente».
Pittaro?
«Ha fatto un buon lavoro, continuando sulla linea del rinnovamento tracciata dalla convention di Pontebba. Ora la palla passa a Luci. Ha una grande mission e ce la farà».
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