Sconto di pena per Veapi, il presunto reclutatore dell’Isis
AZZANO DECIMO. I sospetti reclutatori dell’Isis che avrebbero agito in Veneto chiedono e ottengono lo sconto di pena.
Così ha deciso il giudice di Venezia Massimo Vicinanza accogliendo le richieste presentate dagli avvocati di Ajhan Veapi – 38 anni residente per qualche tempo ad Azzano e consigliere del centro islamico di Pordenone, arrestato a febbraio 2016 a Mestre dai carabinieri del Ros – e di Rok Zavbi, sloveno di 26 anni, primo collaborante rientrato in Italia.
I due saranno processati con rito abbreviato, che consente agli imputati di beneficiare di uno sconto di un terzo della pena, l’11 aprile.
E sempre l’11 aprile il gup analizzerà la posizione del terzo imputato, Munifer Karamaleski, 28 anni, un tempo residente nel Bellunese, ora latitante in Siria dove sarebbe un miliziano destinato alla vigilanza del “ghanima”, ovvero il deposito del bottino di guerra. In assenza di procura speciale, il suo difensore, l’avvocato Pascale De Falco, non potrà chiedere riti alternativi. I
È servita un’ora e mezza, ieri in aula bunker a Mestre, per definire la concessione del rito abbreviato a Veapi e Zavbi e rimandare invece il procedimento per Karamaleski.
La scelta dell’aula bunker era stata fatta per poter beneficiare della videoconferenza con i penitenziari di Nuoro, dov’è detenuto Veapi, e Tolmezzo, dove si trova Zavbi. Ma al momento del collegamento, il video funzionava ma l’audio no, con il risultato che il giudice ha dovuto parlare al telefono.
Né Zavbi, né Veapi hanno reso dichiarazioni. Zavbi, peraltro, lo aveva già fatto nel corso di tre incontri con i magistrati durante i quali ha raccontato la sua verità quale primo “collaborante” tra i sospetti foreign fighter. Stando alle accuse mosse dai pm, tra giugno e settembre 2013, Veapi, Zavbi, e Husein Bosnic (l’imam condannato a sette anni a Sarajevo) avrebbero lavorato in Veneto per trovare combattenti da arruolare nelle fila dello Stato Islamico in Siria. Tra gli “arruolati”, il bosniaco Ismar Mesinovic, morto in battaglia, e Munifer Karamaleski che ha lasciato il Bellunese dove lavorava come operaio per raggiungere Raqqa con la famiglia e diventare un soldato dell’Isis.
«Zavbi è stato dipinto come un terrorista che sparava in Siria. Laggiù è andato due mesi come infermiere – dice il suo legale –. Ha parlato con i due che poi sono partiti, certo, le uniche due volte che è venuto in Italia perché ha sempre vissuto in Slovenia. Ma per raccontare loro come si vive e ci si muove in Siria.
Non li ha certo convinti a partire, non serviva». Punta invece all’assoluzione l’avvocato De Falco per Karamaleski: «Le accuse mosse saranno da vagliare in dibattimento», dice, sostenendo che nell’incidente probatorio di Zavbi non sarebbero emerse responsabilità a carico di Karamaleski «che non sarebbe mai stato visto combattere».
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