Scuola trascurata e abbandonata: al tempo del Covid-19 è diventata il penultimo dei problemi

UDINE. Da una settimana si è riaperto tutto, si dice. Anzi no, la scuola è rimasta chiusa. Da mesi bambini, ragazzi e insegnanti non ci mettono piede e ancora per mesi sarà così.
Abbiamo assistito a un continuo andare avanti e indietro del governo, attraverso la ministra dell’Istruzione Azzolina, che ha disorientato studenti, famiglie e insegnanti.
Per esempio, annunciando che tutti sarebbero stati ammessi alle classi successive portando gli studenti a far festa anticipatamente e mettendo in discussione la professionalità degli insegnanti.
Dimenticare la scuola, trascurarla o lasciarla sullo sfondo, è una colpa grave del Governo nei confronti del Paese. Non sono state né offerte né garantite a tutti le stesse opportunità. Dirigenti e insegnanti si sono dovuti attrezzare, come pure le famiglie, per apprendere online, per imparare a distanza, per insegnare a distanza.
E dare i voti a classi non sempre raggiunte dai prof o dagli insegnanti della scuola primaria con costanza, non sarà facile. Le proposte didattiche in alcuni casi sono rimaste tali perché non c’è stato alcun contatto tra docente e alunno.
Sono stati messi sullo stesso piano ragazzi che hanno buone connessioni e altri che non avevano neppure un computer per sé o il segnale disturbato con continue interferenze. Insegnanti, a volte riluttanti, costretti a debuttare tra mille difficoltà sul web.
Le classi - sia che si tratti di bambini sia di ragazzi – non sono facilmente governabili, men che meno a distanza quando c’è da tenere alta l’attenzione e la tensione di chi ascolta. A casa, specie i più piccoli, sono distratti da mille cose. Infine, non tutti gli studenti hanno affrontato con la stessa responsabilità che mettono sui banchi la nuova “didattica telematica”.
La scuola non è soltanto il luogo dove si apprendono le varie discipline, ma è dove si comincia – e si sperimenta – a capire il mondo.
Dalle relazioni orizzontali con i coetanei a quelle verticali con chi sta in cattedra. Si studia, si coltiva la conoscenza, si impara, si cresce maturando assieme agli altri, coniugando le regole del vivere insieme, coltivando e sperimentando il processo di socializzazione.
Alcuni ragazzi non hanno avuto la fortuna di vedere collegato neppure una volta l’insegnante. Genitori hanno segnalato che docenti di alcune materie mai si sono fatti sentire.
È nato un nuovo modo di concepire la scuola, un surrogato di didattica che ci sta sfibrando. In altri Paesi le lezioni sono riprese, mentre in Italia si discute addirittura se far slittare anche l’avvio del prossimo anno scolastico, ipotizzando la partecipazione dei ragazzi a lezioni alternate fra web e compresenza, con magari metà classe in aula e l’altra metà collegata da casa. Computer, tablet e pc non possono sostituire i rapporti non solo con gli insegnanti e ancor meno con i compagni di scuola.
Alla chiusura di questo anno scolastico le valutazioni saranno date su singole materie, ma forse andrebbe misurata l’intera esperienza vissuta per quel che siamo riusciti a intenderla. Stiamo assistendo a un’espansione di povertà educativa, che scaverà un altro solco tra le classi sociali e amplierà le disuguaglianze. Chi non ha potuto e non potrà stare al passo dovrà faticare ancora di più e si arrenderà.
Soffermiamoci a esempio sui bambini di prima elementare che quest’anno avrebbero dovuto imparare a leggere, a scrivere o a contare e a stare seduti dietro a un banco. Come recupereranno?
E poi gli esami. Le scuole che finiscono. Un bambino di quinta elementare a settembre andrà in un’altra scuola, non rivedrà i suoi vecchi amici, quelli che non ha nemmeno salutato. Lo stesso vale per un ragazzino di terza media. La maturità sarà una maturità non vissuta, senza emozioni.
La scuola (con l’università) non è un investimento immediato. È un impegno a lungo termine per il bene delle nuove generazioni, le quali dovrebbero sentirsi al centro delle preoccupazioni e delle visioni progettuali di un Paese moderno.
Non pare, davvero, che oggi in Italia sia così. Se non è l’ultimo, c’è l’impressione che la scuola sia scivolata tra i penultimi dei problemi.
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