Se il riscatto arriva dallo sport, l’esempio di Bebe Vio

La campionessa paralimpica di scherma aiuta i bambini e i giovani amputati. Ospite del Panathlon e del Rotary di Pordenone, ha raccontato la sua esperienza

PORDENONE. Dalla volontà di dipingere, con un pennello attaccato con lo scotch al moncone, al selfie con l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Beatrice Vio, per tutti semplicemente Bebe, affronta la vita di petto, non guardando quello che il destino le ha tolto, ma puntando invece sulla sua improvvisa disabilità per trasformarla in qualcosa di grande.

Grande come la forza che, quando aveva appena 11 anni ed era una promessa della scherma di Mogliano Veneto e italiana, le ha permesso di superare lo shock causato dall’amputazione di gambe e braccia in seguito a una meningite devastante. Grande come la sua missione: fornire gli ausili necessari a tutti i bambini amputati per poter praticare sport, un obiettivo che persegue attraverso l’associazione Art4sport.

Bebe è stata l’ospite d’onore di una serata organizzata dal Panathlon club di Pordenone e dal Rotary club Pordenone Alto Livenza per offrire un contributo al sodalizio che promuove lo sport come terapia per il recupero fisico e psicologico dei bambini e dei ragazzi portatori di protesi di arto.

Capelli biondi e due occhioni verdi che trasmettono da soli tanta gioia di vivere, Bebe, che tra pochi mesi compirà 18 anni, è riuscita a catturare l’attenzione degli ospiti e a trasmettere la sua vivacità e la sua determinazione.

Una ragazza forte, fin da bambina. «Anche nei momenti più difficili, Bebe ha scelto di vivere» racconta il padre Ruggero, ricordando come la sua secondogenita sia sopravvissuta alla meningite acuta «che colpisce un bambino su 10 mila e ha una mortalità del 96%».

Compresa l’atrocità di quanto le era capitato, Bebe – che già era tra le 5 migliori in Italia nella scherma – ha deciso di andare avanti.

«Ha detto di voler di nuovo braccia e gambe – continua il padre – . Dopo il ricovero ospedaliero e la degenza a casa, ha imparato a usare le quattro protesi in tempi molto rapidi. Ci diceva di voler tornare a scuola, di rientrare negli scout e di voler praticare ancora scherma. Per quest’ultimo sogno, però, servivano protesi speciali che non esistevano».

É stato proprio il padre, spinto dal desiderio della figlia, a inventarle insieme con gli esperti di arte ortopedica di Budrio, in provincia di Bologna. E così Bebe è arrivata dove nessuno avrebbe potuto immaginare. A dicembre ha vinto la Coppa del mondo di scherma paralimpica, ad Hong Kong, prima ancora ha conquistato i campionati italiani, mondiali under 17 e persino gli europei assoluti.

Medaglie e coppe che la rendono felice, ma che la spronano ancora di più «a lottare per gli altri bimbi disabili, perchè possano divertirsi e realizzarsi attraverso lo sport».

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