Se ne va il primario del Punto nascita

GORIZIA. «Lascio un reparto, il Punto nascita dell’ospedale di Gorizia, che in quanto a spazi e a dotazioni va bene così com’è. Per quel che riguarda l’allocazione delle risorse umane, che si riassumono poi nell’istituzione di quella guardia pediatrica sulle 24 ore che manca sia da noi sia a Monfalcone, si tratterà evidentemente di una scelta politica. Che dovrà tener conto delle reali esigenze della popolazione, senza nascondersi dietro alibi tecnici inesistenti». Dopo quasi 18 anni – era giunto a Gorizia nell’autunno del 1994 – il dottor Carmine Gigli, primario del reparto di Ostetricia e ginecologia del San Giovanni di Dio, va in pensione. L’altro giorno è stato salutato e festeggiato da tutto l’ospedale, da oggi è ufficialmente in ferie, ma di fatto – dovendone smaltire un numero megagalattico – in reparto non lo si vedrà più (fatti salvi casi di assoluta necessità), anche se la sua entrata in quiescenza decorrerà formalmente dal 1 novembre.
«Ora il posto è libero – sorride il primario – così possono fare quello che vogliono… La sorte del Punto nascita è in mano ai politici, non soltanto al governatore Tondo che comunque deve ancora presentare in consiglio regionale il piano di riforma sanitaria, ma anche a quelli locali e, in particolare, al sindaco di Gorizia appena rieletto, che sicuramente potrà influire su ogni decisione».
A sostituire pro tempore Gigli sarà chiamato, come in passato in occasione di periodi di assenza, il dottor Ferdinando Calcagnile, ma sul futuro del reparto l’aria che tira non è delle migliori e il fatto che non sia stato bandito un concorso per un nuovo primario (come del resto è avvenuto per la Cardiologia dopo il pensionamento del dottor Diran Igidbashian) non può certo essere interpretato come un segnale positivo.
Le voci sugli orientamenti che vorrebbero il reparto materno-infantile dell’ospedale di Gorizia ormai prossimo alla chiusura a vantaggio di quello di Monfalcone sono giunte, naturalmente, anche all’orecchio di Gigli il quale, tuttavia, da mesi (per non dire da anni) continua a ripetere che «ufficialmente, c’è il silenzio più assoluto». Quanto alle motivazioni addotte, che parlano di un investimento di 280 mila euro e di nove mesi di lavori, con trasloco del reparto, per l’adeguamento del Punto nascita ai parametri ministeriali (tra cui l’obiettivo dei mille parti l’anno), mentre a Monfalcone basterebbero 20 mila euro e un mese di lavori senza trasloco, il primario manifesta tutta la sua perplessità: «Non so, sinceramente, da dove escano queste cifre, bisognerebbe chiederlo ai vertici aziendali».
«La situazione e i requisiti– sottolinea Gigli – non sono cambiati rispetto a tre anni fa, quando il Punto nascita venne aperto nel nuovo ospedale di via Fatebenefratelli. E non credo proprio che sarebbe stato attivato se non fosse stato in regola. Abbiamo la Rianimazione, che al Burlo Garofolo di Trieste per esempio manca, mentre al San Polo c’è una Terapia intensiva che non è la stessa cosa. Abbiamo la banca del sangue. Il numero dei parti l’anno è certamente inferiore ai 500 (si è attestato attorno ai 360, ndr), ma gli ospedali che non raggiungono questa soglia, in regione, sono 4: oltre al nostro, Tolmezzo, Latisana e la stessa Monfalcone, che negli ultimi anni ha fatto registrare un costante calo. Non vedo, quindi, perché nel mirino ci debba sempre essere soltanto Gorizia».
Ma non sarà che, visto anche che il prossimo anno ci saranno le elezioni regionali, ancora una volta dopo tanto parlare si finisca per decidere di non decidere, almeno per un anno ancora? «Non lo escludo – conclude Gigli – in fondo siamo pur sempre un ospedale unico su due sedi e ora che ci sarà anche un unico primario il tutto potrebbe essere ancora una volta congelato». E la storia infinita continua.
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