Sempre meno distributori «I guadagni sono irrisori»

In provincia attivi 130 impianti, oltre alle pompe bianche si fanno strada i “ghost” Il presidente di categoria: calo del 20 per cento, anche gli stranieri diminuiscono

Gestore di distributore di benzina? Un mestiere sempre più raro e meno redditizio. Tanto che aumentano gli impianti “ghost”, ovvero fantasma, privi di personale, a scapito dei tradizionali. Questi ultimi spesso sono finiti in mani di stranieri, i quali, però, stanno pure rinunciando a occuparsene.

Se le imprese di commercio al dettaglio di carburanti aumentano, e i dati della Camera di commercio lo confermano, i gestori degli impianti, secondo i dati della categoria Ascom, diminuiscono.

«Negli ultimi anni – fa i conti Claudio Favaro, presidente della categoria dei gestori Ascom – il calo, tra chiusure e soppressione di impianti, si attesta sul 20 per cento». Nel sito della Regione sono monitorati, ad oggi, i prezzi di 130, nel Friuli occidentale.

«Sempre più impianti chiusi? Non è una impressione, è realtà. Tanto che la situazione sta sfuggendo di mano persino a noi gestori – dice Favaro –. Scarsa redditività (ed è per questo che pochi autoctoni si cimentano in questa avventura) e calo dei consumi sono i fattori principali del lungo addio. Se fino a pochi anni fa era impensabile, oggi gestire due o tre impianti è necessario per “portare a casa” un paio di stipendi».

Il mercato, inoltre, oggi è più frammentato rispetto al passato: «Prima della crisi si vendevano dai 3 ai 3,5 milioni di litri l’anno; oggi da 1,2 a 1,3 milioni. Le vendite si sono drasticamente ridotte e si sono viceversa moltiplicati gli impianti a fronte di una riduzione dei consumi del 20 per cento. Crisi, maggiore attenzione della gente e, non da ultimo,l’introduzione dei veicoli ibridi».

Per avviare questo tipo di attività, intanto, è necessario avere una discreta disponibilità economica: 50-70 mila euro, oltre alle fideiussioni bancarie. Il margine di guadagno è pari a 3 centesimi lordi per litro di benzina erogata. «Sa quanto occorre vendere per ricavare uno stipendio dignitoso?». Il gestore, inoltre, deve saldare all’istante il rifornimento nelle cisterne o entro 3-4 giorni rinunciando a un paio di millesimi. «Chi ce lo fa fare? L’età: a rischiare è ancora la “vecchia guardia”, quella che tra due o tre anni spera di andare in pensione.

Gli impianti, salvo rarissime eccezioni (in provincia di Pordenone non più di cinque), appartengono alla società petrolifera, la quale cede la gestione in affitto, eventualmente anche dei bar e dei lavaggi. Le pompe bianche, in fenomeno nato nel Trevigiano e che si è ben presto espanso anche nel Pordenonese e, meno, nell’Udinese, sono ancora appetibili «perché si tratta di piccole strutture con costi di gestione decisamente minori e che quindi hanno impatto minore sul prezzo finale del carburante. In passato, ad ogni modo, il prezzo era molto più competitivo di oggi».

Se fino a qualche anno fa il gestore di impianto, in tutta la filiera, rappresentava il primo attore della scena, «oggi è solo una comparsa. Si accettano passivamente le decisioni, compresa la costante riduzione del margine di guadagno. Il risultato? Tra dieci anni il gestore classico scomparirà».

In Friuli Venezia Giulia questo processo sarà più lento per un solo fattore: la benzina agevolata. Serve l’operatore, per beneficiarne. Dopo, si assisterà al moltiplicarsi dei “ghost”, distributori fantasma, senza gestore, coordinati direttamente dalla compagnia. «Dismetterli costerebbe dai 400 ai 500 mila euro e quindi diventa un’operazione non conveniente anche a fronte di una vendita senza operatore di 300 litri al giorno con self».

Il risultato? Negli ultimi 3-4 anni gli impianti chiusi «hanno sicuramente superato il 20 per cento». Viceversa, secondo i dati Cciaa, il commercio al dettaglio di carburante per autotrazione subisce un andamento altalenante: 135 imprese nel primo trimestre 2010, 142 in quello del 2015, 149 nel primo di quest’anno; a Pordenone, 32, 26 e 28.

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