«Senza aiuti un’impresa su cinque non sopravviverà al coronavirus»

Confesercenti presenta in Comune un’indagine: 815 tra bar, alberghi, ristoranti e negozi costretti a gettare la spugna
FOTO MISSINATO - PROVINCIA CONFERENZA
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Alessandro Cesare

Il 20% delle imprese cittadine del settore del commercio (al dettaglio e all’ingrosso), della ristorazione e del turismo (815 su 4.075) rischia di non rialzare più le serrande o di restare aperto solo per pochi mesi. Una percentuale destinata a raddoppiare, senza sostegni mirati da parte delle istituzioni, nei successivi 24 mesi. Lo sostiene un’indagine di Confesercenti presentata ieri in municipio, al sindaco Pietro Fontanini e all’assessore Maurizio Franz, dal presidente regionale Mario Marini, il direttore Alberto Cicuta e il presidente per il territorio udinese Marco Zoratti.

I numeri

In città operano complessivamente 4.075 imprese nei settori del commercio, del turismo e della ristorazione. Senza azioni concrete di sostegno da parte di Stato, Regione e Comune, il 20% di queste attività è destinato a restare chiuso anche dopo il lockdown. Si tratta di 815 tra bar, alberghi, ristoranti e negozi costretti a gettare la spugna per la latitanza delle istituzioni. Numero che nel giro di due anni può lievitare fino a quota 1.834 imprese, schiacciate dai costi per affitto, tasse e imposte varie. Il quadro tracciato da Confesercenti Fvg è fosco: sulle 101 imprese attive nel settore dell’ospitalità, nelle fase 2 ne ripartiranno solo 81, riducendosi a 56 nell’arco di due anni. I bar e i ristoranti scenderanno da 1.015 a 812 per assestarsi a 558 in 24 mesi, le rivendite auto da 276 a 211 fino a 152, le attività commerciali all’ingrosso da 1.248 a 998 fino a 686, quelle al dettaglio da 1.435 a 1.148 fino a 789. Un trend che non riguarda solo la città di Udine ma tutto il territorio provinciale.

Le azioni indispensabili

«Lo scenario che ha tracciato il nostro centro studi – ha chiarito Zoratti – è plausibile, ma speriamo sia scongiurato dalle azioni messe in campo da Stato, Regione e Comune. A tal proposito va evidenziato come a Udine l’amministrazione si sia mossa bene a sostegno delle attività locali: dall’ampliamento degli spazi pubblici a disposizione di bar, ristoranti e negozi fino alla sospensione di Tari e Tosap». Se Confesercenti promuove il Comune, non fa lo stesso con la Regione Fvg: «Le nostre imprese – ha spiegato Cicuta – necessitano di finanziamenti a fondo perduto. Purtroppo a oggi la Regione ha fatto poco per le nostre attività: l’auspicio è che ci possa essere maggiore incisività nelle prossime settimane». Tra le richieste della categoria, un piano di sviluppo turistico e alberghiero in collaborazione con le regioni confinanti per attrarre i clienti nord europei attraverso protocolli sanitari condivisi e una riforma della scontistica regionale per i benzinai.

La risposta del sindaco

«Siamo pronti a fare ancora di più – ha assicurato Fontanini – con contributi ulteriori per l’abbattimento delle spese d’affitto e con l’abbassamento dell’aliquota dell’Imu». Il primo cittadino si è detto ottimista sul futuro del comparto in città: «Udine saprà fare da polo attrattivo per gli acquisti – ha chiuso –. Sono certo che ripartiremo: la domanda è in crescita, c’è voglia di rimette in moto i consumi».

Senza Stato spazio alla criminalità

Una vera e propria ecatombe che, oltre all’aspetto economico, si porta dietro conseguenze sociali piuttosto gravi, con il pericolo che ad approfittarne possa essere la criminalità organizzata. Se da un lato, infatti, la gran parte delle aziende cittadine è un’impresa individuale o di persone, che metterebbe a rischio i patrimoni famigliari in caso di chiusura, dall’altro in uno scenario di difficoltà come quello tracciato, sono possibili infiltrazioni mafiose in grado di “colmare” il vuoto delle istituzioni con l’immissione di denaro nel sistema. È la conclusione dello studio di Confesercenti. —

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