Serracchiani insiste: niente contributi ai parenti
UDINE. Sulla discussione della mozione presentata dal capogruppo di Fi, Riccardo Riccardi, circa la richiesta di rendere pubblici i dati sugli incarichi dei consiglieri e suoi contributi regionali ricevuti dai loro parenti, la presidente Debora Serracchiani, precisa, puntualizza e sottolinea il suo pensiero sulla questione morale e sul rapporto tra politica e opportunià.
Lo fa al termine di un lungo dibattito e prima della votazione sulla mozione di Colautti e Cargnelutti (Ncd) - che aveva superato quella di Riccardi - poi firmata anche dal centrosinistra e che è stata approvata da Pd, Ndc, Sel, M5s (contrari Fi e Ar). Centrodestra, dunque, spaccato.
Serracchiani ripete quello che il Pd anche nel dibattito di ieri non ha voluto o saputo affrontare, discostandosi dal buonismo dem, pur garantendo che i casi di Agnola e Marsilio e della loro presunta incompatibilità per essere stati presidenti di coop dell’albergo diffuso non ha nulla a che vedere con la legalità, ma afferisce alla sfera del galateo istituzionale e politico.
La Serracchiani prima ha respinto l’accusa formulata da Tondo sulla doppia morale del Pd, giustizialista con gli avversari e buonista con i suoi, poi ha ripreso così la vicenda dell’incompatibilità.
«Noi non siamo più bravi - ha detto - ma forse c’è una diversità nel fare politica e nel ricercare la cura dell’esempio. In campagna elettorale, quando ero segretaria del partito, ho fatto scelte che rivendico. Oggi però se dovessi decidere le liste proprio per quel concetto di esempio e di opportunità farei scelte diverse».
«Mio padre - aveva precisato in precedenza - mi ha insegnato che per essere responsabili delle azioni nel ruolo che si ricopre bisogna esere di esempio. E mi ha anche isnegnato che si possono raccontare tante storie, leggere tanti libri, ma poi la differenza la fanno gli esempi. Ecco, oggi alla politica manca la capacità di essere esempio».
E sempre sul merito dei due casi, Serracchiani ha poi aggiunto che «se ristrutturo casa non chiedo finanziamenti alla Regione e così vale per i parenti. Questo è un esempio di opportunità politica. Chi mi sta vicino non avrà contributi perché non è il caso. E anche se li chiedesse con trasparenza e ne avesse titolo lo convincerei a non partecipare a quel bando».
«Dobbiamo tutti assieme - è stato il suo appello - riconquistare la credibilità della politica, ecco perché sto qui con voi e non mi metto a rinfacciare soldi e favori elargiti e garantiti in passato. Ma quel tipo di politica non serve ai nostri cittadini».
Per la presidente «se non ci rispettiamo tra di noi quando rappresentiamo e parliamo a nome delle istituzioni, non possiamo poi neppure chiedere al cittadino di rispettare quelle istituzioni. Inoltre, sempre quando si decide di fare politica, di rappresentare la Regione, certi comportamenti possono anche essere legittimi, ma sono inopportuni».
La mozione di Fi non ha avuto un suo no pregiudiziale, ma semplicemente è «un no perché chiede alla Giunta di fare un lavoro che compete al Consiglio regionale; allora faremo bene il nostro mestiere se tutti insieme licenzieremo una legge migliore, una soluzione comune».
L’elemento finale di questa votazione - è stato il commento di Riccardi - è che la pubblicazione dei dati che chiedevamo sui consiglieri regionali non è stata accolta: «Un’opportunità persa per offrire maggiore garanzie di trasparenza ai cittadini alla quale sono rimasti insensibili persino i 5 Stelle. La delusione è che si fa una sorta di comitato politico, ovvero la conferenza dei capigruppo, per elaborare una proposta di legge che noi comunque presenteremo la prossima settimana».
Per Riccardi, «che oggi di fronte ad un Pd contraddittorio e traballante, tra la versione giustizialista di Serracchiani - che vieta a suo padre di chiedere i contributi regionali - e le condotte diametralmente opposte di Marsilio e Agnola, L’Ncd ha scelto la via del supporto ad una maggioranza che non è né quella di Forza Italia, né di Ar».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto