Serracchiani: la Lega ha il fiato corto, il Pd deve fare di più
UDINE. No, Debora Serracchiani non è preoccupata dalla cavalcata della Lega. «La rabbia e la paura se ne andranno», dice. Il fiato corto del Pd, soprattutto in Veneto, ha un’altra natura. «Abbiamo ancora qualche difficoltà a penetrare un certo mondo, fatto di piccole e piccolissime imprese e di professionisti, tipico del Veneto produttivo.
C’è parecchio da lavorare – dice la numero due del Pd nazionale –, ma stiamo dando risposte, anche se ritengo che non si possano sovrapporre i due livelli, quello nazionale e quello regionale, perché in Veneto ha pesato il candidato». Un macigno il confermato governatore Luca Zaia, capace di doppiare la candidata renziana Alessandra Moretti, e di superare anche la Lega, perché la lista civica Zaia vale da sola un partito, il primo partito in Veneto, con il 23,08 per cento. Più della Lega – 17,82 per cento – e lontanissima dal Pd – 16,66 per cento.
E allora Serracchiani non può far altro che riconoscere la «forza personale» di Zaia e guardare al lavoro che attende i dem. Che per la numero due del Pd si declina in tre mosse. Consolidare i dati economici per far crescere la speranza. Spingere sulle riforme. Alzare la voce in Europa. Serracchiani ripete che il capitolo regionali si chiude con la tenuta del partito e con un bilancio positivo.
La battuta d’arresto del Pd, che non stravince, fa dire a Serracchiani quali sono i traguardi da tagliare per stravincere. Perché se si votasse domani con l’Italicum e con i numeri usciti domenica dalle urne, l’orizzonte direbbe ballottaggio, tra Matteo Renzi e il candidato premier dei grillini. Un brutto pensiero, da scacciare.
«Partiamo dai dati delle regionali – esplicita Serracchiani –, che dicono 5 a 2 per noi. E aggiungiamo che un anno fa siamo partiti da un sei a sei con il centrodestra per quanto riguarda le Regioni al rinnovo. Renzi è al Governo da poco più di un anno e oggi chiudiamo con un 10 a 2 nella guida delle Regioni.
È una tenuta chiara e netta del Pd, in un momento non facile in cui tutti erano contro il Pd e in un contesto ambientale, interno ed esterno, oggettivamente complicato, dall’arrivo dei migranti alla lista di “impresentabili” della commissione Antimafia, fino all’incidente a Roma con la caccia ai rom.
Eppure, contrariamente a quanto avvenuto in Spagna o in Stiria, il Pd ha messo la faccia su riforme importanti e tiene bene, collocandosi come primo partito in sei delle sette Regioni. Certo, paghiamo la vicenda della Liguria, le divisioni del Pd e la scelta della Sinistra di Pippo Civati e Sergio Cofferati di puntare a far perdere il Pd e il Governo. In altri casi invece probabilmente non siamo riusciti a radicare la nostra idea di amministrazione locale». E quel caso è proprio il Veneto.
Un caso che fa dire a Serracchiani che le primarie in alcuni casi possono essere superate. Lei, ad esempio, divenne candidata alla presidente del Fvg senza primarie. «Le difendo a spada tratta perché ritengo debbano essere lo strumento per selezionare la classe dirigente – afferma la numero due dem –, ma in alcune circostanze dovremo avere la forza, il coraggio e la determinazione di fare scelte responsabili come partito, senza buttare nelle primarie l’incapacità di scegliere». Il Veneto, però, merita un’altra riflessione.
«Registro la forza personale di Zaia, nettamente superiore a quella della coalizione, e anche l’incapacità di influire sulle elezioni di Flavio Tosi che anzi probabilmente si è sovrapposto alla candidatura Moretti. Ma questo – aggiunge Serracchiani – è e resta un voto regionale nel quale pesano le dinamiche regionali e i candidati. Pur riconoscendo che abbiamo ancora una difficoltà a penetrare in un certo mondo, fatto di piccole e piccolissime imprese e professionisti tipico del Veneto produttivo, e che c’è parecchio da lavorare, stiamo dando risposte».
E poi bisognerà battere i pugni al tavolo dell’Europa. «Dietro l’avanzata della Lega e alla tenuta del M5s c’è anche un po’ il condizionamento del contesto europeo, l’austerità, le regole, il rigore, che rischiano di non riuscire più a farci parlare con i cittadini. Dovremo impegnarci ad aprire un dialogo forte con l’Europa, sull’immigrazione e su alcune dinamiche economiche, nell’interesse dell’Italia e dell’Europa». La Lega e il M5s fanno paura, minacciano il Pd? No.
«Anche in questa tornata elettorale c’è stato un campo nel quale c’erano la rabbia e la paura e uno nel quale dominavano la speranza e crescita. Per i motivi esterni di cui parlavo prima – aggiunge Serracchiani –, si sono rafforzate la rabbia e la paura. Sono convinta che come sono arrivate se ne andranno. Sarà necessario consolidare i primi dati economici positivi che ci sono, sia in Fvg sia in Italia, per far crescere la speranza e per rispondere con dati positivi».
annabuttazzoni
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