Sfratti e altri trucchi per avere le case popolari

PORDENONE. L’ultimo bando dell’Ater in città risale al 2012, quattro anni fa, e a entrare in graduatoria sono state circa 890 persone.
A quattro anni di distanza, tuttavia, quelle che hanno ottenuto una casa popolare non sembrano molte perché il turnover delle abitazioni non va di pari passo con la “fame” di una casa a un canone di locazione accessibile e perché in cima alla lista, ora, arrivano anche gli sfrattati, quasi tutti cittadini stranieri.
Ad aspettare quella casa, oggi, sono 765 famiglie.
Il miraggio casa. I fondi per costruire case popolari sono ormai esauriti da alcuni anni e così l’unico patrimonio disponibile è quello che si libera ogni anno per l’uscita, fisiologica, degli inquilini. In provincia di Pordenone si calcola che sono tra le 120 e le 130 le abitazioni che, ogni anno, vengono riassegnate.
Di queste una buona fetta (fino al 50 per cento, a seconda degli anni) in città. Troppo poche per dare una risposta vera al bisogno abitativo.
Sfratti e trucchi. Gli anni della crisi economica hanno fatto aumentare il problema degli sfratti abitativi: sempre più persone non sono in grado di pagare l’affitto e per loro si apre una procedura di sfratto che è un incubo anche per i proprietari dell’immobile.
Quest’ultimi si trovano senza introito, con una casa occupata e la difficoltà di mandare fuori chi vi abita. Tanto più che lo sfratto per morosità non dà diritto all’inquilino insolvente di accedere alla graduatoria delle case popolari. Da qui – secondo chi studia il settore da vicino – una nuova tendenza.
Gli inquilini che sono in graduatoria per una casa popolare, si metterebbero d’accordo con i proprietari per farsi mandare via ma senza incorrere una procedura di morosità. Il vantaggio in questo caso è duplice: il proprietario riesce a liberarsi più facilmente dell’inquilino e quest’ultimo può ottenere un punteggio più alto nella graduatoria Ater.
La graduatoria. Spicca, nella graduatoria aggiornata in questi giorni (quarto aggiornamento dal 2012) e pubblicata anche nell’albo pretorio del Comune, il fatto che nei primi venti posti – che saranno gli unici ad avere la certezza di una abitazione in tempi rapidi – rientrino 15 sfrattati (di cui 14 cittadini stranieri).
Il paradosso. Pordenone si trova da anni a vivere una contraddizione che la crisi economica ha accentuato. A fronte di una lunga lista d’attesa per accedere a una casa popolare, ha un patrimonio immobiliare vuoto stimato in duemila unità abitative.
Come ridurre questo gap? Alcune proposte sono state avanzate, ma non hanno portato a nulla di concreto. Una in particolare era nata dall’Ambito urbano (che raccoglie i Comuni di Pordenone, Cordenons, Porcia, Roveredo e San Quirino) e in collaborazione con la Provincia di Pordenone (assessore Verdichizzi).
La proposta. Il progetto di rete prevedeva che la Provincia costituisse un fondo di garanzia e finanziamento per permettere il mantenimento delle condizioni contrattuali previste dai contratti di locazione e cercasse di coinvolgere privati.
L’Ambito, oltre al coordinamento, avrebbe avuto il compito di reperire gli alloggi così come l’Ater, parte del progetto. I Comuni avrebbero sottoscritto i contratti di locazione accompagnando a tutti gli effetti le famiglie.
L’idea è rimasta sulla carta, così come l’ipotesi che il pubblico investa sul patrimonio immobiliare invenduto, trovando accordi con costruttori o proprietari, proprio per garantire una risposta alle famiglie che hanno i requisiti per accedere a un alloggio popolare, ma che di fatto non vedranno mai soddisfatto quel diritto per mancanza di immobili.
Anche se la crisi economica sembra essersi allentata, il problema casa resta una priorità in città. Un tema che merita l’attenzione dell’agenda politica e non solo del Comune.
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