Si è spento Ales Pellizzari, il calcio carnico ha perso il suo “mister”

TOLMEZZO. La Carnia darà l’ultimo saluto al 71enne Ales Pellizzari alle 10.30 di lunedì 1 marzo, nella chiesa di Preone, suo paese di origine.
L’infanzia e la gioventù in Venezuela contribuirono a renderlo un calciatore e un allenatore di spicco. Dagli anni ’70 fu calciatore dell’Edera, indossò la maglia del Cavazzo, Virtus Tolmezzo, Folgore, Real Imponzo e Paluzza, fu allenatore nel settore juniores del Cavazzo (conquistando anche un titolo di campione carnico juniores) e del Real. Fu anche dirigente nel Cavazzo, dove fino al 2007 ricoprì l'incarico di direttore sportivo.
Si è spento per l’aggravarsi dei problemi di salute di cui soffriva da tempo, a casa, a Tolmezzo, attorniato dalla sua amorevole famiglia. Lascia la moglie Margherita, i figli Mayla e Fady e le sorelle.
«Al nostro calcio della montagna Ales ha dato tanto – assicura Dario Zearo, presidente del Cavazzo da 12 anni – come giocatore, dirigente e allenatore. Sapeva giocare con maestria e si intendeva di calcio».
Ales trasmise la sua passione anche al figlio Fady, ottimo calciatore del Cavazzo ora nella squadra del Viola. «Quando papà arrivava a casa da lavoro – racconta Mayla – in pausa pranzo mio fratello da bambino lo aspettava sempre col pallone e glielo tirava appena si apriva la porta.
Molti anni dopo hanno giocato la finale del Torneo under 20 da avversari. Fady nel Real e papà allenando il Cavazzo. Vinse papà, ma fu di mio fratello il premio per il miglior giocatore».
Pellizzari era impiegato alla cartiera di Tolmezzo e alla Snaidero come commerciale estero. Conosceva le lingue. A soli tre mesi, del resto era già in Venezuela, dove il padre Giovanni, dopo essere stato un'importante figura della Resistenza (fu anche uno dei fondatori della Repubblica Libera della Carnia), era impresario edile.
Ales tornò in Carnia a 22 anni: si fece subito benvolere sia per l’impegno nel calcio, sia per il suo coinvolgente modo di relazionarsi con gli altri, estroverso e gioviale.
Conobbe Margherita per caso. Lei, di Prato Carnico, e la sorella attendevano per andare a ballare due amici che dovevano arrivare su una Mini minor gialla. I ragazzi a causa del gelo sulle strade però rinunciarono all’appuntamento, ma non riuscirono ad avvisare le ragazze.
Il destino volle che alla stessa ora davanti alle giovani passasse proprio una Mini minor gialla: a bordo c’erano Ales e due amici.
Molto elegante nel vestire e nel porsi, Ales per tutti era “l’americano”. Viaggiò molto con la moglie e i figli. Amava parecchio la musica, di oggi e di ieri.
«A me ha trasmesso - dice Mayla - la vocazione all’internazionalità, che mi ha guidato anche negli studi e nel lavoro».
I suoi problemi di salute iniziarono con un infarto a soli 47 anni. «Dieci anni dopo un nuovo problema lo ha poi portato sulla sedia a rotelle, ma lui – rivela Mayla – ha mantenuto la sua grinta, che veniva dal suo spirito sportivo e dal piacere di stare con gli altri.
Ha saputo reagire di fronte alle difficoltà. Anche in questi anni gli amici del calcio e del lavoro sono stati uno stimolo per lui. Otello Petris (grande mister del calcio locale), carissima persona, ogni martedì veniva a trovarlo: non lo ha mai abbandonato. Papà ha avuto una vita ricca di stimoli.
Ultimamente mi ha detto che non aveva rimpianti, l’avrebbe rivissuta allo stesso modo. Sapeva farsi voler bene da tutti. Nelle sedute alla Comunità di rinascita aveva stretto amicizia coi ragazzi e vari operatori che erano stati allenati da lui lo chiamavano ancora mister». Succedeva spesso, ovunque andasse. —
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