Si sposa in ospedale dove lotta contro la malattia: testimoni medici e infermieri

La mano di Claudia cinge quella del marito Paolo durante la cerimonia
La mano di Claudia cinge quella del marito Paolo durante la cerimonia

UDINE. Accanto a loro, nel momento del sì, non c’erano gli amici di sempre e nemmeno i parenti più cari. A fare da testimoni sono stati i medici. Perché da mesi Paolo sta lottando con la malattia, ma questo non gli ha impedito di sposare la sua Claudia. Sono diventati marito e moglie in una stanza dell’hospice dove lui è ricoverato.

Ecco perché il matrimonio, che è stato celebrato venerdì 30 ottobre al padiglione numero 5 dell’ospedale Santa Maria della Misericordia dove si è temporaneamente trasferito l’hospice, assume un significato che va oltre il coronamento di un percorso di vita, per diventare un vero e proprio inno alla vita.

«È stato un momento molto bello – racconta la dirigente dell’Asuiud, Maria Grazia Fabiani che è la responsabile dell’hospice – loro ci tenevano e devo dire che tutti hanno fatto il massimo per renderlo possibile. Ci siamo commossi. Per le norme anti-Covid non potevamo fare entrare nessuno e così il personale si è offerto per fare da testimone.

Grazie anche alla disponibilità del Comune (e in particolare dell’ufficio Anagrafe, ndr) che ha accorciato i tempi della burocrazia, siamo riusciti a svolgere questa celebrazione con soli due giorni di preparativi».

A unire in matrimonio il 63enne Paolo e la 55enne Claudia, entrambi friulani, è stato l’assessore all’Anagrafe, Alessandro Ciani.

«Penso che quello che abbiamo scelto di fare sia frutto della volontà di celebrare la vita e il momento, il presente», racconta Claudia con l’anello al dito.

«Di sicuro non avevamo immaginato una situazione del genere, ma abbiamo deciso di cogliere l’attimo. Mio marito è stato testimone della mia vita anche in momenti delicati, ci conosciamo da oltre vent’anni e l’esperienza della malattia ci ha dato la possibilità di confermare e ricordare quello che significhiamo l’uno per l’altra».

Sempre attraverso le parole di Claudia, Paolo ha voluto sottolineare che «anche all’interno di un ambiente come l’hospice in cui si potrebbe pensare che prevalgano soltanto la sofferenza e la tristezza, è stato invece possibile celebrare la vita».

«Il messaggio che vogliamo trasmettere con il nostro gesto – continuano – è che ogni giorno è importante, ma se siamo riusciti a sposarci dobbiamo ringraziare la dottoressa Fabiani, il suo staff e in particolare Chiara Taboga e Caterina Sgubin che ci hanno fatto da testimoni.

Si critica spesso la sanità pubblica, ma noi qui abbiamo trovato personale di grande professionalità e sensibilità che ci ha accolto con empatia. Poi gli amici e i colleghi, citiamo solo Lorenzo Biasutti che ci ha fatto da “corriere” recuperando i documenti che ci servivano, perché fare l’elenco di tutti sarebbe impossibile e rischieremmo di lasciare fuori sicuramente qualcuno.

Di sicuro senza Guido Cappelletto, amico e terapista, che ci ha fatto da guida e angelo custode in tutto il percorso, non saremmo arrivati fino qua».

A pronunciare il fatico sì ritagliandosi un momento di gioia, in una stanza dell’hospice, alla faccia del Covid e della malattia. –

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto