Slogan sugli stupri, l'avvocato di cinque giovani: «Hanno agito senza motivo, ma ora vogliono rimediare»

UDINE. La motivazione per arrivare a indossare a una festa di compleanno una maglietta che inneggia alla violenza sessuale per poi prenotare due tavoli in una discoteca a nome del Centro stupri, per ora non arriva.
Loro, i protagonisti di una vicenda sulla quale sta indagando la Digos, non la sanno trovare. E nemmeno si sono resi conto di come un gesto che ritenevano uno scherzo, una goliardata, sia diventato qualcosa di dannatamente serio, sul quale pesa una condanna unanime.
«Ma una cosa è il giudizio di natura etico-morale sull’accaduto, con riferimento al quale, ovviamente, ognuno è libero di fare le proprie valutazioni. Ben altra cosa è il giudizio di natura penale». Parte da questi presupposti la dorsale difensiva di cinque dei sette giovani coinvolti, ragazzi con un diploma di maturità in tasca e carriere accademiche avviate, che hanno affidato all’avvocato Maurizio Miculan l’incarico di rappresentarli.
È il legale, dopo averli incontrati per impostare la loro difesa, a intervenire per mettere in chiaro alcune cose sulla vicenda che ha infiammato i media, oltre che l’opinione pubblica, per non parlare dei social.
«I più affranti sono i diretti interessanti – esordisce Miculan – che hanno già formalizzato pubblicamente le proprie scuse e che non mancheranno di porre in essere, in forma riservata e nelle competenti sedi istituzionali, tutte quelle attività ritenute idonee per dimostrare, in concreto, il pentimento e la dissociazione da quanto accaduto».
Parole che incarnano questo stato d’animo sono arrivate con una lettera al direttore del Messaggero Veneto, scritta da uno dei protagonisti della vicenda che, dichiarandosi mortificato per l’accaduto, ne ha preso le distanze, riconoscendo il disvalore di un gesto «che si allontana anni luce da quelli che sono gli insegnamenti e i valori che la mia famiglia mi ha trasmesso», sono le sue parole.
Altrettanto hanno fatto gli altri, attraverso gli stessi social che avevano veicolato frasi decisamente pesanti, anche a sfondo razzista, per esprimere il proprio disagio. Intanto, alcuni profili twitter sono stati oscurati e hanno preso forma impegni concreti a favore dei centri antiviolenza.
Non basterà, visto che, malgrado la giovane età dei protagonisti, si tratta di persone adulte e pertanto responsabili delle proprie azioni. Per questo sono pronti a presentarsi dinanzi al procuratore aggiunto Claudia Danelon, titolare del fascicolo, per raccontare la loro versione dei fatti, fornendo, si spera, anche una motivazione plausibile.
L’intento è quello di smontare, almeno sul piano penale, la gravità di quegli episodi. Ed è su questo binario che il loro legale si sta muovendo: «Nei prossimi giorni prenderò contatto con il titolare del fascicolo dell’indagine per chiedere l’interrogatorio dei miei assistiti, essendo interesse degli stessi fornire una puntuale e corretta ricostruzione degli eventi che, almeno in parte, è ben diversa, nel suo sviluppo cronologico-temporale, rispetto a quanto si è letto».
Il rimando va ad alcune frasi affidate alla rete con riferimento ai lager, ma non solo.
Affermazioni estrapolate da contesti diversi, mette in chiaro l’avvocato, riferite ad alcuni giorni prima, che nulla hanno a che vedere con gli episodi finiti al centro dell’inchiesta.
In relazione alle ipotesi di reato sulle quali sta procedendo la Procura, il difensore non intende esprimersi. «Noi non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione in merito, mette in chiaro – e comunque voglio prima vedere le carte». Ma il legale dei ragazzi si dimostra fiducioso: «Ritengo che, chiarito l’accaduto, si possa dimostrare l’insussistenza di qualsivoglia ipotesi penalmente rilevante».
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