Smart working, cosa cambia per i dipendenti pubblici: piani con obiettivi e report settimanali

L’assessore Roberti: molte disponibilità, puntavamo al 70%

UDINE. Si torna a lavorare da casa. Dalla Regione ai Comuni, dalle Aziende sanitarie alle università tutte le pubbliche amministrazioni si preparano a utilizzare il lavoro agile per oltre la metà dei dipendenti. Stiamo parlando di migliaia di persone in regione. Il decreto firmato ieri dal ministro della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, detta le regole che favoriscono soprattutto i lavoratori residenti in zone distanti dal luogo di lavoro e i genitori dei figli con meno di 14 anni d’età.

Oltre la metà dei dipendenti pubblici lavorerà da casa con più controlli: le regole


«Eravamo tutti convinti che la percentuale superasse il 70 per cento, invece, come spesso accade, le parole del premier Conte non coincidono con il contenuto del decreto e così siamo rimasti al punto di partenza, la percentuale del lavoro agile deve raggiungere almeno il 50 per cento» fa notare l’assessore regionale al Personale, Pierpaolo Roberti, nel confermare che, in queste ore, a Udine e a Trieste i dirigenti stanno mettendo a punto il piano e assegnando gli obiettivi da raggiungere, anche settimanalmente, ai lavoratori che hanno già dato la loro disponibilità a lavorare da casa.




In emergenza i previsti contratti individuali non vengono stipulati, ma sulla base dell’esperienza maturata nei mesi scorsi, tutte le amministrazioni pubbliche preferiscono rafforzare i sistemi di controllo e di valutazione dell’attività svolta in smart working. Il Comune di Udine, a esempio, richiede la compilazione di un report settimanale. Non tutte le attività possono essere garantite da casa: gli uffici aperti al pubblico devono continuare a operare in presenza. Il lavoro agile può prevedere, però, mansioni diverse rispetto a quelle abitualmente svolte purché il carico di lavoro resti invariato. Chi si trova in quarantena con sorveglianza attiva e in isolamento domiciliare fiduciario, e quindi non in malattia, può lavorare da casa anche con le proprie attrezzature. Continuerà a farlo fino alla scadenza del decreto (31 dicembre).



«Stiamo individuando le persone per le quali il lavoro agile non è ammesso e poi definiremo i criteri per garantire una rotazione del personale in presenza», spiega l’assessore regionale nell’assicurare che, come è avvenuto la scorsa primavera, l’obiettivo è quello di concedere lo smart working al maggior numero di persone possibile. Roberti non ritiene necessario focalizzare l’attenzione sui controlli: «L’abbiamo sempre fatto» assicura non senza snocciolare qualche numero: una volta individuati i dipendenti che svolgono servizi essenziali improponibili da casa, la metà di quelli che restano andrà in smart working. «Al momento – continua Roberti – lavora da casa il 35 per cento del personale, tra qualche giorno arriveremo al 50 per cento».



Anche i comuni capoluogo e in quelli medio-grandi stanno riorganizzando il lavoro agile. Il segretario generale del Comune di Udine, Carmine Cipriano, stima di tornare ai livelli raggiunti nel momento più critico della pandemia, quando dagli uffici di palazzo D’Aronco erano uscite circa 500 persone. Ora la metà, circa 250, lavora da casa. «Dobbiamo valutare quali attività si possono svolgere in smart working» ripete il segretario dopo aver fatto il punto con i dirigenti. Gli stessi che controlleranno i report settimanale per garantire gli attuali livelli di produttività.

«Un minimo di controllo deve esserci» insiste Cipriano secondo il quale le amministrazioni pubbliche, se fanno tesoro dell’esperienza maturata nei mesi scorsi, possono organizzarsi al meglio. «Non possiamo far venire meno i servizi» aggiunge il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, citando l’Anagrafe dove si accede previo appuntamento. Proprio perché il lavoro agile sarà la formula del futuro, anche il sindaco di Gorizia sta mettendo a punto un nuovo piano con i dirigenti che restano datori di lavoro dei 350 dipendenti comunali, il 25 per cento in meno rispetto a una dozzina di anni fa. Ma Ziberna solleva anche il problema della mancata digitalizzazione degli archivi: «Il lavoro agile passa attraverso la dematerializzazione degli archivi, un fronte sul quale l’Italia sconta notevoli ritardi». Più o meno analoga la situazione a Pordenone.

Nonostante il super lavoro provocato dalla pandemia pure il direttore generale dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, Massimo Braganti, fa chiarezza sul lavoro fragile: «A breve rifaremo il punto. Ogni dirigente ha l’onere e l’onore di controllare i propri collaboratori».

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