“Soffiate” all’imprenditore, consulente condannato
UDINE. Galeotto fu un sms: quello inviato all’amministratore di una cooperativa, per informarlo della decisione della Regione di effettuare un controllo volto a verificare la conformità della società alla concessione dei contributi. Stefano Brumat, 32 anni, di Gorizia, all’epoca consulente alla Direzione centrale Istruzione formazione e cultura della Regione Fvg, si era cacciato nei guai così.
Denunciato attraverso un esposto alla Guardia di finanza, era finito sotto inchiesta per l’ipotesi di reato di rivelazione di segreto d’ufficio e, in concorso, utilizzazione di segreti d’ufficio per fini d’ingiusto profitto. Accusa che, a distanza di sei anni dall’inizio dei fatti contestati, gli è costata una condanna a un anno e otto mesi di reclusione, con beneficio della sospensione condizionale della pena, e la temporanea interdizione dai pubblici uffici.
Il processo. La sentenza è stata pronunciata dal tribunale collegiale di Udine, presieduto da Angelica Di Silvestre (a latere Roberto Pecile e Mariarosa Persico). Il pm Raffaele Tito aveva concluso con la richiesta a due anni di reclusione. Decisivi ai fini della dimostrazione della colpevolezza di Brumat, a parere dell’accusa, l’esito delle intercettazioni telefoniche effettuate in fase d’indagine e le rivelazioni di un’ex dipendente considerata la teste-chiave del procedimento. Il difensore, avvocato Carlo Carruba, aveva sollecitato invece verdetto di assoluzione con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”.
Lui e i beneficiari. Il compito per il quale la Regione aveva affidato a Brumat un incarico stabile di assistenza a una delle proprie Direzioni centrali era proprio quello di collaborare alla predisposizione del calendario delle verifiche in loco, alla preparazione dei progetti e all’espletamento dei controlli esterni. Incarico di pubblico servizio, questo, che gli era stato assegnato in quanto già dipendente e poi collaboratore della Ecosfera spa, società che aveva acquisito diversi contratti dalla Regione. Ebbene, stando agli accertamenti degli investigatori, Brumat avrebbe approfittato della propria posizione per fare delle “soffiate” a Michele Blasoni - fratello dell’ex consigliere regionale Massimo - e alla Indar formazione e sviluppo coop srl di Udine, di cui era l’amministratore.
Due anni di informazioni. Avvalendosi di notizie d’ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete, Brumat avrebbe quindi favorito l’imprenditore, assicurandogli - questa la tesi accusatoria - la possibilità di evitare l’eventuale revoca dei finanziamenti regionali erogati per presunte attività formative gestite dalla cooperativa (come previsto in caso di false dichiarazioni). Al termine delle indagini, la Procura aveva contestato al consulente la «rivelazione sistematica» a Blasoni, dal maggio 2007 al marzo 2009, delle date dei controlli della Regione e di quelli indirizzati alla Indar, con tanto di nomi e attitudini degli ispettori.
Il difensore. Nell’argomentare la propria difesa, l’avvocato Carruba ha insistito in particolare sull’assenza di riscontri. «L’inchiesta - ha detto - non ha dimostrato nè che Brumat avesse interessi personali nella vicenda, nè che avesse preso accordi economici con Blasoni». Illuminante, poi, specie sotto il profilo della presunta utilizzazione dei dati, la perizia redatta dal dottor Giorgio Tessarolo. «I giudici - ha concluso il legale, che ha già annunciato appello - non hanno letto le normative extra penali indispensabili per capire dove ciascun tipo di controllo può intervenire».
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