«Sono malata di Parkinson e i generici non vanno bene»

Appello di una paziente alla Regione per ripristinare la gratuità di quelli originali La risposta dell’ospedale: «Medicinali adeguati, ma può rimodulare la terapia»
Biotestamento, eutanasia, anziani, vecchiaia, sanita', salute
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Il principio attivo è lo stesso, ma gli eccipienti possono anche non esserlo. E questo, secondo una parte della comunità scientifica, pone una seria ipoteca sull’effettività dell’equivalenza terapeutica tra i farmaci generici e quelli originali. Il dubbio, uno dei non pochi che da anni puntellano il dibattito sull’efficacia dei medicinali senza marca, è diventato ancora più cocente anche in Friuli Venezia Giulia dopo la recente esclusione dello Stalevo, un farmaco salvavita utilizzato dai malati di Parkinson, dall’elenco di quelli completamente rimborsati dal sistema sanitario nazionale. Esclusione determinata - come la legge consente - dalla scadenza del brevetto e dalla conseguente messa in vendita (previa autorizzazione dell’Aifa) del suo equivalente.


A porre la questione, con una lettera che dall’Associazione per i diritti del malato di Udine è prontamente rimbalzata sui tavoli dell’Azienda sanitaria universitaria integrata dello stesso capoluogo friulano, è stata proprio una paziente. La risposta dell’ospedale le è stata recapitata a fine anno, come un dono natalizio, ma le rassicurazioni rispetto all’«adeguatezza alla cura dei farmaci equivalenti» non sono bastate a portarle alcun sollievo, aggravando anzi il senso di prostrazione che, a nome di tanti altri malati, sente di rappresentare.


La storia è quella di Dilva Paola Peressini, 65 anni, di Udine, affetta da Parkinson da quando ne aveva più o meno 45. Da sempre, ossia dall’inizio del suo calvario clinico, ha beneficiato dell’esenzione totale per l’acquisto dei farmaci che di volta in volta le venivano prescritti dai neurologi del “Santa Maria della Misericordia”. Finché, alcuni mesi fa, non le è stato comunicato che il Servizio sanitario nazionale (e quindi, in Fvg, quello regionale) non avrebbe più incluso alcuni medicinali, tra cui lo Stalevo, sostituendoli con i cosiddetti generici. Distribuiti, quelli sì, gratuitamente. Il disagio e le proteste cominciano da qui.


«I medici che mi hanno in cura – aveva scritto e non esita a ribadirci al telefono la signora Peressini – mi hanno sconsigliato l’assunzione del generico. Anche se il principio attivo è lo stesso, sono differenti i suoi elementi veicolanti. La mancanza dei farmaci corretti porta a conseguenze immediatamente incontrollabili che non si evidenziano solo nel tremore, ma anche nell’irrigidimento dei muscoli, nella difficoltà di camminare e respirare e in uno stato di profondissima ansia e paura, che conduce a un grave malessere generale, tale da impedire anche il pensiero».


E poi c’è il problema, non certo secondario, dei costi. «La terapia per il Parkinson – continua la paziente – prevede un numero elevato di compresse da assumere ogni giorno e questo comporta una spesa mensile non indifferente. Chiedo quindi che l’assessore alla Sanità ripristini ciò che è un diritto per tutti noi malati: la gratuità dei farmaci salvavita. Farmaci – insiste – insostituibili».


Per la cronaca, una confezione di cento compresse di Stalevo costa 57 euro. Lei ne assumeva cinque al giorno e quindi la spesa, a prezzo pieno, oggi ammonterebbe a poco meno di 100 euro al mese. Con quelli generici il risparmio ci sarebbe, certo, ma la resa non è la stessa. «Il dosaggio va completamente ricalibrato in base a tanti fattori – spiega –. Anche i pasti e l’acqua possono interferire e compromettere il risultato».


A dare sostegno scientifico alla tesi della signora Peressini e di quanti, come lei, si battono per il ritorno all’esenzione totale dei prodotti originali è il numero uno dell’Associazione italiana parkinsoniani, il professor Gianni Pezzoli. «Le reazioni allergiche – aveva affermato in una recente intervista – possono essere gravi e mettere persino il paziente in pericolo di vita. La differenza rispetto agli eccipienti potrebbe essere così grande, da determinare un diverso assorbimento del principio attivo: in eccesso o troppo poco, con conseguenze in un senso o nell’altro».


Timori che l’azienda sanitaria udinese, in assenza di informazioni puntuali sulla cura attualmente seguita dalla signora Peressini, ha consigliato di esporre a uno specialista, per «rivedere il proprio piano terapeutico, nei modi e nei tempi, al fine di annullare gli effetti indesiderati riferiti». Quanto alla correttezza del farmaco in questione, sentito il parere della responsabile della Struttura assistenza farmaceutica, il direttore generale Mauro Delendi ha ribadito «l’adeguatezza dei farmaci equivalenti per la cura del Parkinson», rilevando come comunque «si possano registrare lievi modifiche nella risposta al farmaco, nel caso di utilizzo in sequenza di farmaci equivalenti prodotti da ditte diverse».


La risposta aziendale ha lasciato interdetta anche l’Associazione per i diritti del malato. «Questi farmaci – ha ribadito il presidente, avvocato Anna Agrizzi – devono continuare a essere forniti a condizioni economiche accessibili per tutti».


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