Sos dei friulani senza acqua, cibo e medicine

In Venezuela la crisi ha fatto piombare il paese nel buio e molti emigrati vogliono tornare a casa

UDINE. Mentre l’Europa è impaurita dallo Stato Islamico, dall’altra parte dell’oceano, un Paese intero sta piombando nel buio. Il Venezuela non ha più energia elettrica, cibo, medicine e vengono uccise più di 24 mila persone l’anno. Migliaia di connazionali e corregionali sono in grave difficoltà.

Scontri nelle piazze, razionamento dell’energia elettrica, supermercati vuoti, ospedali senza medicinali, attrezzature e, persino, acqua. I governi che si sono succeduti non hanno fatto altro che accavallare crisi e debiti, distruggendo tutto.

Nessun paese straniero fa ormai credito al Venezuela e pretende i contanti per ogni merce e servizio elargiti.

Molte compagnie aeree ormai non hanno più tra le loro destinazioni il Venezuela. E, a proposito di voli, cresce il numero dei friulani che rientrano in regione lasciando una vita di sacrifici sospesa nell’inferno.

Negli occhi dei friulani scappati per rientrare nella regione d’origine c’è chiuso tutto il dolore per una terra dove sono nati e cresciuti e tutti vogliono mantenere l’anonimato per non mettere a repentaglio la vita di chi in Venezuela è rimasto e lotta ogni giorno per la sopravvivenza.

«La situazione è disperata - spiegano alcuni di loro - . La gente muore nei corridoi degli ospedali per mancanza di medicine. E molti amici partono all’alba per riuscire a procurarsi il cibo, rischiando la vita. Si fa la fila anche per più di 4 ore di seguito, abbracciando lo sconosciuto che ti sta davanti in modo che nessuno scavalchi. Qualsiasi cosa da mangiare, rivendere o scambiare al mercato nero va bene».

In queste situazioni gli sciacalli non mancano. In Venezuela li chiamano “bachaqueros” e vanno oltre confine a rivendere a valori esorbitanti merce, che acquistano in Venezuela a prezzi controllati dal governo lasciando il popolo senza cibo.

«Un operaio che guadagna circa 18 euro al mese - spiega un imprenditore friulano, sposato con una venezuelana - può arrivare a spenderne 2 per comprarsi uno shampoo. Esiste il cambio ufficiale Dipro e Simadi (o Dicom) per i BsF, i Bolivares Fuertes la moneta ufficiale, ma su internet si trova il vero cambio, quello “parallelo”, 100 volte più caro. In sostanza siti pubblici per valutare la moneta utilizzata per cambi non legali».

Ma c’è chi in Europa e anche in Friuli, si sta mobilitando. È partita la corsa alla solidarietà con un tam tam sui social, soprattutto il gruppo Facebook #guayanesesporelmundo al quale è possibile scrivere per reperire informazioni o contribuire alla raccolta di farmaci e qualsiasi presidio ospedaliero (guanti, cotone, siringe, ecc.) purché non in vetro.

Il trasporto del materiale medico è in mano ai volontari che, rischiando il carcere e la propria vita, si mettono a disposizione per recapitare il materiale a Ciudad Guayana, nello stato Bolivar situato nel sud del paese. Una delle attiviste del gruppo vive in Friuli.

«Il paese è in ginocchio - spiega - e stiamo facendo il possibile per raccogliere tutto ciò che serve. La mancanza d’acqua e igiene negli ospedali aumenta le infezioni. Poi c’è l’epidemia della zanzara Zika».

Il Venezuela copre il suo fabbisogno energetico prevalentemente con centrali idroelettiche, la cui scarsa manutenzione ha provocato il razionamento dell’energia elettrica fino a 6-9 ore al giorno. Gli ascensori non funzionano, gli uffici pubblici sono aperti due giorni la settimana e anche fare la dialisi è un problema.

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