Spara a un capriolo e lo uccide, denunciato bracconiere

Venzone: il 23enne aveva ferito a morte una giovane femmina, la fuga sull’auto guidata dalla fidanzata e il fermo da parte del Noava

VENZONE. La “gita” nel bosco di due fidanzatini, lei alla guida dell’auto, lui sul sedile del passeggero, ma non è una fuga romantica alla ricerca di momenti di tenerezza in un luogo appartato: l’auto procede a passo d’uomo mentre una torcia potente fruga col suo fascio di luce tra la vegetazione.

Uno sparo echeggia poco dopo fra i cespugli, seguito da una fuga precipitosa del mezzo. In un prato adiacente al viottolo resta, agonizzante, una femmina di capriolo (forse gravida), che morirà qualche ora dopo. La gita nel bosco si rivela così una spedizione di morte, e probabilmente l’ultima di una serie.

Tutto questo è accaduto nei giorni scorsi sotto gli occhi del personale del Nucleo operativo del Corpo forestale regionale di vigilanza ambientale (Noava), che affiancato da addetti della stazione forestale di Villa Santina e dell’ispettorato forestale di Tolmezzo, ha portato a termine una operazione antibracconaggio riuscendo a individuare e fermare un giovane del posto (D.B.D. le sue iniziali, 23 anni), da tempo sospettato.

L’atto di bracconaggio è stato portato a compimento in località Borgo San Giacomo in comune di Venzone, verso le 20, sotto gli occhi degli agenti: la vettura veniva osservata mentre procedeva lentamente lungo una strada isolata, contornata da boscaglia inframmezzata da prati; la torcia elettrica frugava tra gli alberi alla ricerca di selvaggina, poi la brusca frenata, lo sparo e una precipitosa ripartenza.

Immediato l’intervento della pattuglia dei forestali che, nonostante l’inseguimento a sirene spiegate, è riuscita a fermare l'automezzo solo dopo che lo stesso si era infilato in un cortile privato tra le abitazioni.

Con stupore gli agenti hanno scoperto che alla guida della vettura, accanto alla persona che da mesi si sospettava fosse dedita a questa attività, si trovava la giovane fidanzata. All’interno dell’auto sono stati trovati una carabina calibro 22 (arma prediletta dai bracconieri in quanto, seppur vietata per la caccia, è notevolmente più silenziosa delle normali armi da caccia), un binocolo, un coltello da caccia, guanti gommati, sacchi di nylon e la torcia.

Nel prato adiacente al luogo dello sparo è stata trovata la femmina di capriolo ferita nei quarti posteriori. Nonostante il pronto intervento del veterinario dell'Aas di Tolmezzo, l'animale purtroppo è morto dopo un paio di ore di agonia.

La perquisizione dell’abitazione del giovane, tempestivamente effettuata dal personale forestale, ha poi permesso di rintracciare e sequestrare anche quattro teste di camoscio, due di capriolo di recente macellazione e una faina (fauna protetta).

Le indagini, protrattesi per mesi sotto la direzione della competente Procura della Repubblica presso il tribunale di Udine, hanno visto impegnato il personale delle stazioni forestali di Gemona, Villa Santina, Pontebba, Resia e Tolmezzo, oltre che del Noava. Fondamentale inoltre la piena collaborazione del comando stazione carabinieri di Venzone. Il Corpo forestale regionale invita tutte le persone sensibili alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia della fauna selvatica che abbiano notato vetture sospette, sentano spari in orari o periodi anomali o si imbattano in tagliole, reti per uccellagione o altri artifizi atti alla cattura di fauna selvatica, ad allontanarsi immediatamente senza lasciare segni di presenza e contattare con tempestività il Noava del Corpo forestale Regionale (tel 0432-660092 - noava.cfr@regione.fvg.it) o la locale Stazione forestale, fornendo tutti gli elementi utili ai fini dei successivi accertamenti e verifiche da parte del personale forestale specializzato.

Il fatto avvenuto a Venzone ha suscitato una ferma presa di posizione della locale riserva di caccia tramite il direttore Valerio Pituelli: «Questo fatto è una vergogna. La persona individuata non appartiene agli iscritti a questa riserva – precisa – e noi soci combatteremo in tutte le sedi per tutelare il buon nome della riserva stessa, che finora è sempre stato associato ad attività legali e iniziative di ricerca e divulgazione. Sapevamo che qualcuno si aggirava sparando e lasciando spesso morire i capi sul posto, che poi noi trovavamo. È un comportamento inaccettabile che va perseguito»

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