Sparò contro fratello e cognata condannato a 3 anni e 2 mesi
COLLOREDO DI MONTE ALBANO. «In un momento di ira assoluta e incontrollata, Mario Del Degan non si limitava a una dimostrazione di potenza, bensì, sparando tre serie di colpi di arma da fuoco verso l’abitazione del fratello, prevedeva e voleva anche la sua morte o il suo grave ferimento, ritenendolo la giusta punizione per le molestie arrecate da anni». Il gup del tribunale di Udine, Paolo Alessio Vernì, ha ricostruito così l’episodio che, la sera del 29 ottobre scorso, portò lo sconquasso nella villetta al civico 6 di via Tricesimo, dove Del Degan, pensionato Enel di 71 anni, abitava da tempo, nell’appartamento sottostante quello del fratello e della cognata. Assodata dunque «l’intenzione di uccidere», ma concesse anche le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti - oltre a essere incensurato, l’uomo si era immediatamente autodenunciato ai carabinieri -, il giudice lo ha condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione.
Al processo, celebrato con rito abbreviato condizionato alla produzione balistica del consulente della difesa, le parti erano approdate dopo che il gup Roberto Venditti, in udienza preliminare, aveva respinto l’istanza di patteggiamento concordata dal pm e dal difensore in 2 anni e 2 mesi di reclusione, ritenendo quella pena non congrua. Passati davanti al giudice Vernì, il pm Marco Panzeri aveva ribadito la finalità offensiva dell’azione, concludendo con la richiesta di una condanna a 3 anni e 4 mesi, mentre il difensore, avvocato Paolo Viola, aveva riproposto la tesi secondo la quale Del Degan aveva soltanto voluto spaventare il fratello, manifestando in tal modo il disagio causatogli da anni di presunte molestie (in particolare, i rumori derivanti dallo sbattimento di porte e sedie). Forte anche dell’esito della perizia di parte, che aveva dimostrato l’inidoneità offensiva dei colpi esplosi dal proprio assistito, il legale aveva quindi proposto la derubricazione del reato in quello delle minacce aggravate.
«Prima degli spari, tra gli 8 e i 12 e in rapida sequenza - si legge nelle motivazioni, lette ieri dal gup contestualmente al dispositivo di sentenza -, veniva interrotta l’energia elettrica. La vittima si affacciava per capire cosa era successo. A quel punto venivano esplosi i primi colpi. La dinamica è sufficientemente chiara: si trattava di uno strumento per attirare allo scoperto il fratello. Diventa ancor più improbabile e difficile ipotizzare, come sostenuto dalla difesa, sin dall’inizio la sola volontà di minacciare o danneggiare la vittima, dicendo che, se avesse voluto colpire la vittima, avrebbe potuto farlo. In realtà - è il convincimento del giudice - tale effetto sarebbe stato agevolmente raggiunto con degli spari in aria o verso beni collocati in tutt’altra area, non sparando contro la persona e continuando a sparare all’interno dell’abitazione dove si trovava il bersaglio».
Messo ai domicialiri dal tribunale del Riesame da metà settembre, Del Degan non aveva mai cessato di ricondurre il gesto alla sua esasperazione. Il difensore ha preannunciato l’intenzione di appellare la sentenza.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto