Stagisti nuovi precari e in regione in 154 hanno più di 45 anni

Un boom anomalo per giustificare paghe ridotte. In Fvg questo tipo di contratto interessa 2.159 persone
24.09.2010 Berlino, persone in cerca di lavoro fanno la coda nell' ufficio pubblico del Bundesagentur fuer Arbeit
24.09.2010 Berlino, persone in cerca di lavoro fanno la coda nell' ufficio pubblico del Bundesagentur fuer Arbeit

UDINE. Tirocinanti. Stagisti. Precari. Anche in un’età in cui si dovrebbe cominciare a pensare alla pensione o ai figli che vanno all’università. Eppure è questa l’ultima fotografia del mondo del lavoro in Italia. E il Friuli Venezia Giulia non si discosta molto dalla media nazionale, anche se fa registrare numeri meno allarmanti rispetto al resto del Paese.

Sono comunque ben 154 su 2.159 (il 7 per cento del totale) gli stagisti, assunti con questa tipologia di contratto, che hanno più di 45 anni d’età, addirittura in 43 hanno tagliato il traguardo dei 55 anni e 2 sono coloro che hanno superato i 65 anni. Si tratta di dati aggiornati al 14 febbraio scorso forniti dal ministero del Lavoro.

Lavoro, stagisti e tirocinanti sono i nuovi precari

A questi bisogna aggiungerne altri 134 (un 6 per cento abbondante) che si collocano nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni, che definire “giovani” è un eufemismo. I restanti 1.871 possono essere considerati gli stagisti canonici, che rientrano nelle fasce fino ai 24 anni (in 957) e dai 25 ai 34 anni (in 914). Tra i casi limite esiste persino la figura della cassiera stagista a 400 euro oppure il diplomato ragioniere che finisce a tirocinio in un bar.

Numeri che fanno riflettere dunque e che segnalano un’anomalia tutta italiana e in fase di espansione. Il totale dei tirocini aperti, sempre al 14 febbraio 2017, in Italia supera le 143 mila unità. E pensare che appena due anni fa, nel giugno 2015, non andavamo oltre i 114 mila, mentre se torniamo indietro al 2012, gli stage nel Belpaese erano solo 63 mila.

Un incremento del 116 per cento in meno di cinque anni. Per quanto riguarda la classifica regionale, vince nettamente la Lombardia (32 mila su 143 mila) seguita dal Lazio (18.525) e dall’Emilia Romagna (14.276). Il Fvg con i suoi 2.159 contratti di stage ha numeri praticamente identici alla Sardegna (2.175) e di poco superiori all’Umbria (1.952) e alla Basilicata (1.897). In Veneto sono 13.680, tra Trento e Bolzano circa 1.400. Il Sud tutto assieme supera di poco i 31 mila.

Dal punto vista dei settori che utilizzano di più gli stage i servizi primeggiano (108.299 ovvero circa il 70%) contro l’industria poco sopra il 20 per cento. Ancora più interessante (e preoccupante) è il dato che fotografa l’età: il segmento più affollato quello tra i 25-34 che supera il 44%. Gli under 24, che dovrebbero essere la maggioranza, invece seguono con il 41,2%: in Friuli Venezia Giulia le due fasce d’età sono praticamente pari. I giovani adulti tra i 35 e 44 arrivano al 7,4% mentre una fetta considerevole di stagisti ha più di 45 anni (sono il 14,4%, ma il 7 per cento in Friuli Venezia Giulia, come abbiamo accennato). In 212 casi i dati segnalano addirittura degli ultra 65enni.

Non è necessario essere degli analisti o degli esperti di economia per capire come da queste cifre venga fuori la fotografia di uno strumento gravemente malato e del quale probabilmente si abusa. Ne è cosciente anche Maurizio Del Conte, il presidente dell’Anpal (l’Agenzia nazionale del lavoro), secondo cui «l’importante crescita di questi ultimi anni non si giustifica, evidentemente lo stage che doveva essere il primo contatto con il mondo del lavoro e momento di formazione è invece diventato altro da sé, ha assunto la funzione sostitutiva delle vere forme contrattuali».

Lo testimonia il fatto che la Lombardia da sola attrae stage di più dell’intero Sud dimostrando così che non è uno strumento di supporto alle regioni con maggiori difficoltà di inserimento dei giovani. «La figura tipo dello stagista sembra essere quella del disoccupato che per trovare un lavoro passa dal tirocinio». Per Del Conte anche l’elevato numero di over 45 presenti nelle statistiche «segnala un’anomalia che non può essere spiegata solo dai casi virtuosi di ricollocamento al lavoro».

Siamo in presenza quindi di un diffuso regime di abuso che va assolutamente contrastato e che può essere stato generato anche «dalla stretta sull’ampia tipologia di forme contrattuali precedenti». Il presidente dell’Anpal invita nonostante tutto a non demonizzare lo stage: «In un sistema che finora ha avuto poche esperienze di alternanza studio/lavoro è stato l’anello di congiunzione con la scuola e ha permesso a molti di fare la prima uscita». Più che emanare nuove norme rigide («le vigenti già lo sono, in teoria») bisogna rafforzare i controlli per evitare «il carosello degli stage», ovvero giovani costretti a sommare anche più di 5 tirocini in realtà aziendali diverse tra loro.

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