Staminali, battaglia legale in tribunale a Udine

L’Associazione diritti del malato impugna l’ordinanza del giudice che ha rifiutato la terapia a una donna di 50 anni
A research assistant works under a chemical hood preparing stem cell cultures in a Stem Cell Research Program lab at the Waisman Center at the University of Wisconsin-Madison. ©UW-Madison University Communications 608/262-0067 Photo by: Jeff Miller Date: 2001 File#: color slide
A research assistant works under a chemical hood preparing stem cell cultures in a Stem Cell Research Program lab at the Waisman Center at the University of Wisconsin-Madison. ©UW-Madison University Communications 608/262-0067 Photo by: Jeff Miller Date: 2001 File#: color slide

UDINE. Per lei, 50 anni, malata di Atrofia multisistemica originaria del centro Italia ma adottata dal Friuli, è la battaglia più importante. L’ultima. La combatterà fra 20 giorni dinanzi ai giudici del tribunale di Udine sezione lavoro, riuniti in composizione collegiale assieme all’Associazione diritti del malato che si è schierata al suo fianco nella lunga lotta per poter ricorrere alle cure attraverso l’infusione delle cellule staminali proposte dalla Stamina Foundation.

Il reclamo. La presidente dell’Associazione, l’avvocato Anna Agrizzi con il collega Gabriele Agrizzi, ha impugnato l’ordinanza del 22 luglio scorso con la quale il giudice Giuliano Berardi rigettava il ricorso cautelare promosso dalla donna nei confronti degli Spedali civili di Brescia. «Abbiamo depositato il reclamo contro l’ordinanza chiedendone la revoca e la concessione delle terapie in quanto, a nostro avviso, il giudice ha dato un’errata interpretazione alla motivazione per la quale si chiedeva di poter usufruire della terapia, non in un’ottica di sperimentazione quanto in quella di cure compassionevoli. Le condizioni della nostra assistita, infatti, sono molto gravi - chiarisce Anna Agrizzi –: deglutisce con fatica, ha gravi problemi di motilità e di deambulazione, di incontinenza e la malattia le provoca molteplici sofferenze a livello della colonna vertebrale. La prospettiva – continua il legale – è quella del peggioramento e della morte, chiediamo quindi che le possano essere garantite le cure compassionevoli».

Violati i diritti. A giustificare il reclamo proposto dall’Associazione diritti del malato, aggiungono i legali, ci sarebbe anche una violazione dei diritti di contraddittorio. «Ci è stata negata la possibilità di difenderci - ribadisce la Agrizzi – la controparte ha depositato un verbale nel quale ha sostenuto le proprie ragioni richiamandosi alla Consulenza tecnica d’ufficio espletata dal dottor Carlo Alberto Beltrami in un altro procedimento. La violazione è ancor più grave in quanto la Ctu è stata redatta in termini generici prescindendo dal caso specifico. Beltrami non ha neppure visitato la parte ricorrente nè ha valutato le condizioni concrete del caso, i suoi sviluppi e le sue condizioni passate».

La diagnosi. La vicenda è cominciata nel 2010. In seguito a un intervento di protesi al ginocchio la signora ha intrapreso un percorso di riabilitazione nell’ambito del quale sono affiorate alcune problematiche relative a disturbi motori. Dopo una serie di accertamenti clinici all’unità operativa di Neurologia è arrivata la diagnosi, drammatica: Msa, ovvero Atrofia multisistemica. Una patologia degenerativa progressiva che colpisce i muscoli, inibisce le capacità motorie e respiratorie, fino a un esito letale.

La speranza. Assistita da alcuni amici, la donna ha inseguito l’unica luce che vedeva in quel tunnel che l’aveva inghiottita e si era rivolta agli Spedali riuniti di Brescia per potersi sottoporre alla terapia con le cellule staminali. Dopo l’invio della raccomandata e il rigetto da parte dell’Azienda, il 7 giugno ha presentato ricorso al tribunale di Udine che ha emesso il decreto di concessione. Da lì si è arrivati all’udienza del 25 giugno in cui l’Azienda bresciana si è costituita, sostenendo che deve essere negata la somministrazione della terapia con il metodo Stamina.

La sperimentazione. Il voto unanime in commissione Affari sociali della Camera a un emendamento al decreto staminali ha dato il via libera alla sperimentazione di terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, quelle usate con il metodo ideato da Davide Vannoni, presidente della Stamina Foundation, promossa dal ministero della Salute avvalendosi di Aifa, Iss e Cnt. Ma solo 84 pazienti sono stati ammessi alla sperimentazione agli Spedali riuniti di Brescia. Da qui il rigetto delle tante richieste da parte di pazienti che chiedono di essere ammessi, per alcuni di questi però, come in questo caso, la richiesta però punta l’accesso alle “cure compassionevoli”.

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