Stanislao Nievo: lo Stato impari dai friulani

Il terremoto del Friuli 40 anni dopo. La sollecitazione dello scrittore dalle pagine de “La Fiera letteraria”

UDINE.  «Questi monumenti attendono il coraggio dei friulani e la tempestività della sovrintendenza statale. Che ha un compito grave ma anche entusiasmante per un appassionato e rapido lavoro. Dove può dimostrare se ha la tenacia e la volontà dei friulani. O se ciò le manca».

Lo scrittore Stanislao Nievo, discendente di Ippolito che nel castello di Colloredo di Monte Albano scrisse “Le confessioni di un italiano”, dalle pagine de “La Fiera letteraria” sollecitava il recupero del maniero. Nievo era uno del mestiere, usava i media come cassa di risonanza per una buona causa.

Nell’estate 1976 la stampa svolse un ruolo importante per la ricostruzione del Friuli com’era e dov’era. Lo riconobbe anche don Davide Maria Turoldo nonostante non mancasse di evidenziare alcuni errori ortografici che forse troppo spesso scivolavano ai giornalisti.

«Cosa volete - si legge sulle pagine de “Il Giorno” -, il resto d’Italia non sa nulla della nostra storia, della nostra lingua e delle nostra cultura. Anche l’informazione (che pure in questi giorni è stata brava, sublime) sbaglia un nome per un altro. Dice “passo di Tarcisio” invece di “passo di Tarvisio”; anche il Papa domenica ha detto Friuli invece di Friùli».

Don Turoldo invitò le autorità a ridurre le loro visite in Friuli perché con la loro presenza rischiavano di intralciare i lavori.

«Leone - aggiunse - lo avvertì subito e noi gli siamo grati». Apprezzò le parole di Cossiga: «Finalmente un ministro e per di più democristiano, che parla bene e sollecita il Governo a trasferire le deleghe alla Regione e quindi ai Comuni. Ringraziò per gli aiuti ricevuti.

«Ciò che più ci commuove - aggiunse - è questo amore di popolo verso un piccolo popolo che siamo noi friulani: grazie! Questa è l’Italia: un’Italia che esiste ancora, nonostante i suoi governi». Anche allora non mancavano le critiche nei confronti dei politici.

I friulani temevano a tal punto di perdere i contatti con i luoghi dove erano nati e cresciuti, che don Turoldo rifiutò, non senza ringraziare, le offerte dei soggiorni estivi che riceveva per bambini e anziani.

«I nostri bambini non li manderemo via mai, li assisteremo noi, nel nostro Friuli, nell’altra parte rimasta intatta. E anche i vecchi non si staccheranno dalle nostre macerie: perché abbiamo tutto da rifare e subito». Don Davide Maria Turoldo era il portavoce dei terremotati che mai avrebbero pensato di dover andare a Lignano. Ma il terremoto provocò anche l’esodo.

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