Stipendi bloccati e sotto la media: in Friuli Venezia Giulia i salari più bassi del Nord Italia

Il rapporto di Job pricing vede la nostra regione maglia nera per Retribuzione annua lorda: il dato medio è di 28 mila 330 euro l'anno. Il sindacato: bisogna intervenire subito su contrattazione e produttività
La busta paga di un lavoratore fotografata il 28 giugno 2010 nello studio di un commercialista a Pisa. .FRANCO SILVI
La busta paga di un lavoratore fotografata il 28 giugno 2010 nello studio di un commercialista a Pisa. .FRANCO SILVI

Retribuzioni al palo e – per di più – al di sotto della media delle regioni del Nord e di quella nazionale. La questione “salari” ritorna di prepotenza sotto i riflettori, sia per l’ipotesi di istituzione di un “salario minimo”, di cui dibatte la politica, sia per l’avvio della stagione dei rinnovi contrattuali, a partire dai metalmeccanici.

L’ultimo rapporto di Job pricing, relativo al 2018, vede il Friuli Venezia Giulia peggiorare nella classifica che rileva le Ral, Retribuzione annua lorda, delle singole regioni. Il dato medio attesta il Fvg a 28 mila 330 euro, in flessione dello 0, 5% sull’anno precedente, al 10° posto tra le regioni italiane. La media del Nord è di 30.289 euro; quella del Sud e delle Isole è di 26 mila 306 euro; il Centro si attesta a 29 mila 83.



Se dalla Ral media complessiva si analizzano quelle delle categorie operai e impiegati, il quadro non cambia. «Gli impiegati – ricorda il dato Alberto Monticco, segretario generale della Cisl Fvg – percepiscono una retribuzione annuale lorda di 30 mila 590 euro, a fronte di una media nazionale di 30.770; gli operai si fermano a 24 mila 331 contro una media di 24.780, seguiti solo dalle regioni del Sud, fatta eccezione per l’Umbria».


Partendo dai dati, dunque, la Cisl rimarca l’esistenza di una “questione salariale” anche in Fvg e lancia la sfida alla giunta Fedriga per «fare in modo – indica l’obiettivo Monticco – che la regione, con il concorso di politica, parti sociali e datoriali, diventi terra di sperimentazione, forte anche degli spazi di manovra garantiti dalla specialità statutaria». I punti di partenza per raggiungere l’obiettivo sono i due pilastri che incidono sulle retribuzioni: contrattazione e produttività.



«In Italia c’è un forte sistema contrattuale che garantisce ai lavoratori dipendenti buoni contratti collettivi, tanto è vero che se si prende come parametro il salario medio su base annua, comprensivo di ferie, tredicesima e quattordicesima, la paga oraria di quasi tutte le categorie si aggira attorno ai 9 euro (la cifra ipotizzata per il salario minimo legale), in molti casi superandoli – spiega il leader della Cisl –. Senza contare le voci aggiuntive previste dal Contratto nazionale come, ad esempio, premi, indennità, permessi, oltre ai diritti normativi, uno su tutti la formazione e lo studio, e l’adeguamento triennale dei minimi tabellari al costo della vita».

Il problema salariale necessita, dunque secondo la Cisl, di risposte diverse da quelle offerte dal salario minimo legale, soprattutto in una regione come il Friuli Venezia Giulia che, nel confronto nazionale e soprattutto con il Nord, appare in difficoltà.



Altro tassello della “questione salariale” del Friuli Venezia Giulia, e cartina di tornasole di una produttività complessiva da rilanciare, è l’indagine condotta dalla stessa Cisl sui premi di risultato detassati. Anche in questo caso, la regione registra performance più basse rispetto alla media nazionale, così, ad esempio, sul fronte dei premi pro capite medi che, nel 2017, si sono attestati a 1.180 euro, contro un valore medio nazionale di 1.270 euro annui. Quanto, invece, alla concentrazione di lavoratori beneficiari, il Friuli Venezia Giulia segna il 10,3%, in linea con il vicino Veneto, ma sotto di più o meno 3 punti percentuali a Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna.



«Analizzando i dati – commenta Monticco – le regioni settentrionali presentano valori più bassi della media nazionale a causa di una più diffusa azione di contrattazione aziendale che interessa le piccole e medie aziende, per l’introduzione di premi variabili legati a risultati aziendali e i più bassi margini delle aziende locali rispetto ai grandi gruppo presenti al Sud. Proprio per questa tipicità strutturale del territorio, occorre implementare ancora di più il ruolo della contrattazione» ipotizzando una contrattazione di area, anche regionale, per tutte le aziende che non hanno contrattazione di secondo livello dove inserire anche i benefit legati al welfare.

Per la Cisl si deve puntare sulla produttività per innalzare i salari medi dei lavoratori e consentire anche una maggiore incisività della contrattazione di secondo livello. Ma occorre anche, per sostenere le imprese e le tasche dei lavoratori, «tornare a scommettere su politiche industriali di lungo termine, quelle che ancora in Friuli Venezia Giulia, non si vedono». Magari orientate anche a far crescere dimensionalmente le aziende. Monticco conclude indicando anche il tema della misurazione della rappresentanza e della rappresentatività, delle regole certe per gli appalti, del contrasto al lavoro irregolare.

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