Stop all’Ater unica, Santoro: «Tolmezzo diversa da Trieste»
TRIESTE Tutto da rifare. Dopo Erdisu e Sanità, anche la riforma Ater dell’ex presidente Tondo entra nel mirino della giunta Serracchiani, intenzionata a rivedere le intere politiche abitative in corso.
Per i mutui casa si è già parlato: nuove regole a vantaggio di chi ha perso il lavoro e che non ce la fa più a pagare le rate mensili. Ora tocca all’edilizia popolare.
Sulle Ater l’assessore Mariagrazia Santoro chiuderà a luglio la fase “conoscitiva” del provvedimento varato nella scorsa legislatura, con una ricognizione dell’esistente: patrimonio immobiliare e bisogni dei cittadini, innanzitutto.
Si parte da lì per «dare contenuti» a una «non riforma» e, in caso, rivoluzionare tutto: entro l’anno sarà pronta la «controriforma». L’assessore non esclude un ricambio alla presidenza, in capo al leghista nominato da Tondo, Claudio Serafini.
Assessore, cosa non va nella riforma Tondo?
«Non è una vera riforma, è un articolo inserito in Finanziaria. Un obiettivo enunciato, un desiderio. Ma le modalità e i tempi dettati dalla norma sono tutti da provare. Io non ho un documento contabile che è alla base di questa cosiddetta riforma che mi dimostri il punto di arrivo, che viene solo dichiarato: quindi dobbiamo verificare la sua attuabilità e le reali convenienze».
Quali sono i suoi obiettivi?
«Sono in contatto con il presidente Serafini e con gli uffici per fare una raccolta di dati e per aprire un ragionamento sulle nuove esigenze. Abbiamo molti utenti che chiedono l’abbassamento dell’affitto, per passare alla categoria “a”, cioè quella di chi ha maggiore sofferenza economica. Dobbiamo tenere presenti due cose: chi andare ad aiutare e qual è la “scatola” che meglio corrisponde alle esigenze. Poi dobbiamo compiere una riqualificazione degli alloggi, molti sono stati realizzati in periodi in cui l’efficienza energetica e l’abbattimento delle barriere architettoniche non erano centrali».
La riforma ha unificato le cinque Ater. Lei cambierà l’assetto?
«Io credo che bisogna essere molto laici su questa cosa e confrontarci in primo luogo con la domanda a cui dare risposta. È evidente che una razionalizzazione va fatta, però non si deve partire dalla scatola, bensì dai bisogni delle persone».
Ma l’Ater resterà unica o no?
«Anche no. O sì, ma in tempi diversi, con passaggi graduali. Ora stiamo verificando le varie ipotesi, tutto è possibile. È evidente però che per numero di utenti e patrimonio immobiliare Trieste non può diventare all’improvviso uguale a Tolmezzo: significa chiudere gli occhi su questioni che sono più complicate. Sulla riforma ora la giunta fa un approfondimento per riempirla di significato».
Sta dicendo che si è trovata con una riforma vuota?
«Beh, è una riforma che dichiara un punto di arrivo. Come si arriva a quel punto lì è tutto da costruire».
La nuova legge, stando a quanto dichiarava pochi mesi fa il presidente Serafini comporterà un livellamento degli affitti minimi, a svantaggio di Trieste dove il disagio è più forte.
«Lo so. Ma nello stesso tempo c’è un aumento di utenti che chiedono l’abbassamento».
Quindi lei non crede che la riforma attuale porti un reale risparmio dei costi e un vantaggio per le persone...
«Vorrei che mi fosse chiarito bene dai tecnici per uniformare, ad esempio, i sistemi informativi, i bilanci e le procedure».
Che tempi si è data?
«Entro luglio chiudiamo la parte ricognitiva, a fine anno una nuova riforma».
Cambierà anche il presidente Serafini, espressione della giunta precedente?
«Sto lavorando molto bene con lui nella fase di ricognizione, quindi questo non è un problema che mi sto ponendo».
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