“Stop coronavirus Fvg”: l'app anti-contagio della Regione è pronta, manca il via libera da Roma

L’app per tracciare i contagi sviluppata in Fvg è pronta. Ma Roma - in ritardo con il rilascio del proprio software - nicchia e si prepara a emanare una circolare con la quale si bloccheranno le fughe in avanti delle Regioni. Un veto che i governatori, Massimiliano Fedriga in testa, hanno accolto con fastidio.
Perché “Immuni” (così si chiama l’applicazione a cui sta lavorando il governo) non sarà pronto prima del 4 maggio. Semmai qualche giorno dopo. Le app delle Regioni - Fvg, ma pure il Veneto - hanno praticamente terminato l’iter della sperimentazione.
Il software sviluppato da Accenture e perfezionato da Insiel (ribattezzato Stop coronavirus Fvg) è stato testato con successo e sarebbe stato rilasciato verosimilmente già la prossima settimana.
«Ma se il governo decidesse di utilizzare un solo sistema su tutto il territorio nazionale, noi ci adegueremo mettendo da parte la nostra app che è alla fine del suo percorso di test», ha spiegato Fedriga, dopo una videoconferenza sullo sviluppo del servizio informatico nazionale di tracciamento delle persone colpite da Coronavirus, con il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, con il ministro per l’Innovazione Paola Pisano e con il commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Un’apertura che mal cela il malumore del presidente della Regione, che ha congelato l’app made in Fvg.
L’obiettivo di “Stop coronavirus Fvg”, è di rendere più facile l’attività dei Dipartimenti di prevenzione delle tre aziende sanitarie. Che oggi, per ricostruire la ragnatela di persone con cui un soggetto contagiato è entrato in contatto, sono costretti a somministrare dei questionari da cui derivano le misure di contenimento a cui sono sottoposti i conoscenti.
Una volta scaricata, l’app richiede di inserire semplicemente il codice fiscale, il numero di telefono e l’azienda sanitaria di riferimento.
E richiede l’attivazione del sistema Bluetooth, “di serie” su tutti i telefonini da un decennio a questa parte: una tecnologia che consente di non consumare il traffico dati (i gigabyte del piano tariffario), né di usare i sistemi di geolocalizzazione, aspetto questo contestato da chi teme che le applicazioni per il tracciamento ledano il diritto alla privacy.
Una volta attivata, l’app registra quando i cellulari stabiliscono un contatto via Bluetooth tra loro per più di quindici minuti a distanza uguale o inferiore a un metro, parametri considerati rischiosi se una delle due persone è affetta da Covid-19.
Dati che vengono “scaricati” dalle aziende sanitarie soltanto nel caso in cui una persona sia effettivamente positiva al coronavirus: solo a quel punto, grazie ai registri dell’app il Dipartimento di prevenzione può agevolmente ricostruire la rete di persone con cui il soggetto infetto è entrato in contatto. È pronta, l’applicazione: ma c’è da attendere per le decisioni che arriveranno a ore dalla Capitale.
L’applicazione sarà basata sul sistema Bluetooth Low Energy: sfrutterà dunque il sistema di trasmissione dati senza fili “di serie” da anni sulla maggioranza dei telefonini, non incidendo dunque sui gigabyte a disposizione dai piani tariffari.
L’utente potrà scaricare l’app da Google Play (per i cellulari Android) e Apple Store (per gli iPhone): a quel punto gli verrà assegnato, in maniera cifrata, un codice identificativo. Attraverso il Bluetooth l’app registra in maniera del tutto anonima e senza geolocalizzazione i contatti “a rischio”, che vengono poi analizzati solo in caso di positività di uno dei soggetti che utilizza il sistema.
La app, concessa alla Regione a titolo gratuito dalla multinazionale Accenture, è stata adattata alle specificità del territorio, e alle vigenti leggi in fatto di tutela della privacy, da parte di Insiel che dal 10 aprile è al lavoro per testarne le funzionalità.
Al lavoro per capire punti di forza e di debolezza dell’applicazione ci sono una dozzina di tecnici della spa regionale che si occupa dello sviluppo informatico: sono stati individuati bug, già risolti, e simulate le modalità di scaricamento dei dati, che saranno gestiti dalla stessa Insiel in sinergia con le aziende sanitarie del territorio.
Uno dei temi più dibattuti è quello legato alla gestione dei dati e ai rischi di intaccare il diritto alla privacy degli utenti che scelgono di installare sul proprio smartphone l’app. Il software scelto dalla Regione non utilizza il gps (il sistema per la geolocalizzazione dello smartphone) e non richiede, all’atto dell’iscrizione, dati personali al di fuori del codice fiscale e del numero di cellulare.
I dati vengono poi immagazzinati sui server Insiel e gestiti - solo al fine di ricostruire la catena dei contatti - dal Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria del territorio in cui il contagiato abita.
L’applicazione pesa poco meno di 20 megabyte ed è scaricabile gratuitamente. Sono soltanto tre i dati richiesti al momento dell’iscrizione: codice fiscale, numero di telefono e azienda sanitaria di riferimento.
L’app della Regione si affiancherà a quella che sarà lanciata dal Ministero della Salute: “Immuni” (questo il nome del software nazionale) utilizza un sistema sostanzialmente simile al programma su cui ha puntato il Fvg, con la differenza che il server su cui vengono caricati i dati invierà una notifica ai dispositivi di persone potenzialmente a rischio perché entrate in contatto con un contagiato.
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