Storia di Sant’Osvaldo tra rogge e merletti -FOTO
UDINE. Prima si chiamava semplicemente “fuori Udine”. Oltre piazzale Cella, c’erano infatti praticamente solo campi. Fu la famiglia dei nobili Dragoni, agli inizi del 1500, a dare un nome al quartiere di Sant’Osvaldo. I nobili edificarono qui un casale per le loro attività agricole, erigendo anche una minuscola cappella che dedicarono appunto a Sant’Osvaldo. Intorno a questo piccolo scrigno di periferia e a questo casale in sasso, si è animata ieri la festa del santo patrono del quartiere, alla presenza degli assessori comunali Alessandro Venanzi e Cinzia Del Torre, fortemente voluta dall’associazione “5 agosto”, ma anche dalla famiglia Coseano, che comprò il casale nel 1865.
«Da tre anni diamo vita a questa festa – racconta Loredana Capri Castellani, dell’associazione “5 agosto” - per valorizzare il nostro quartiere, che è sempre ricordato per i fatti tragici che qui accaddero durante la guerra e che invece offre tante storie interessanti». Un assaggio del passato di questa zona a sud-ovest della città lo ha dato Michela Bonan, allestendo all’interno del casale la mostra “Le operose rogge di Sant’Osvaldo”, in cui ha illustrato la storia iniziata nel 1200 dei mulini del borgo. «Sono davvero in pochi a sapere che in via Pozzuolo c’è una centralina idroelettrica di Arturo Malignani, oppure che quello dell’ex pastificio Storti in via Basaldella è il più antico di Udine. Questa – dice Bonan - è un’occasione per conoscere la storia dei nostri luoghi, ma anche per ritrovare il senso di appartenenza al nostro quartiere».
All’ingresso della mostra, un gruppo di signore lavora il merletto, come facevano una volta, mentre nel grande cortile della casa e lungo via Basiliano gli abitanti della zona passeggiano tra le bancarelle, accompagnati dal suono a festa delle seicentesche campane della piccola cappella. «Questo è il terzo anno che dedichiamo una festa al patrono – spiega don Ezio, che insieme a monsignor Paolo Brida ha celebrato la messa -, però questa volta abbiamo voluto fare qualcosa in più». In bella mostra sull’altare c’è infatti la piccola statua lignea di Sant’Osvaldo, restaurata per l’occasione dalla professionista Roberta Righini, che ne ha riportato alla luce i colori del XVII secolo.
A Daniele e Lorella, i due fratelli Coseano, brillano gli occhi nel vedere tanta gente intorno alla loro casa e alla cappella dedicata a Sant’Osvaldo. «Così la nostra famiglia ha sempre inteso la vita di quartiere e così cerchiamo di continuare a fare noi».
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