Storia di Veronica, da uomo a donna

Fin da bambino si sentiva a disagio nel corpo maschile. Poi la decisione di operarsi. «E il raggiungimento della felicità»

UDINE. Un paio di scarpe bianche e il velo con cui coprire il viso gli furono negati il giorno della Prima Comunione. «Sono cose da femminuccia – disse la mamma –. E tu sei un maschio». Ma questo Veronica (nome di fantasia che abbiamo scelto per poter raccontare la sua storia) non lo accettava. E pianse. Lacrime di rabbia e sofferenza. Perché, nonostante fosse un bambino, avvertiva che lui in quel corpo maschile si sentiva a disagio. Per questo amava il Carnevale.

E lo aspettava con ansia per indossare, pur tra i rimproveri dei genitori, i vestiti “da donna” che gli altri giorni poteva solo desiderare. Furono anni difficili, di dolore. Le battute ironiche dei compagni di scuola arrivavano al cuore come pugnalate. A proteggerlo, allora, solo se stesso. Nel paesino del Codroipese dove viveva faticava a farsi “accettare”. Eppure non si arrese. A 22 anni iniziò ad assumere ormoni femminili. Il seno cominciò a crescere, la barba a sparire.

Era felice. Ma soprattutto pronto per trasformare quel sogno coltivato da sempre in realtà. Grazie a una psicologa e a un avvocato cominciò le pratiche per l’autorizzazione all’intervento chirurgico e per la relativa attribuzione di sesso. Ci vollero due anni prima di riceverla. Mesi in cui la sua trasformazione si faceva sempre più evidente.

E delle malignità della gente, degli sguardi, del disappunto, non si curava. «Andavo avanti per la mia strada – ricorda oggi Veronica – quella che mi avrebbe portato alla mia vera natura». C’erano ancora degli ostacoli da superare. Trovare dove, ma soprattutto chi l’avrebbe potuto operare. Provò a Milano, provò in ex Jugoslavia, ma nulla. Resistenze e telefonate andate a vuoto non lo fermarono. Non si arrese finché a Firenze gli indicarono il nome di un chirurgo di Roma disposto a fare l’intervento. Era la primavera del 1989 quando entrò in ospedale.

«Ricordo che avevo molta paura dell’operazione – racconta – perché sapevo che avrei sofferto molto. Ma non potevo rinunciare a una felicità così grande, ero disposto a sopportare tutto». Già, eccola la felicità. L’aveva finalmente raggiunta. «Quando mi svegliai dopo 4 ore di intervento chiesi al professore se ero davvero diventata donna, lui mi rispose di sì e io lo ringraziai colma di gioia». Era pronta per ritornare in Friuli. Era pronta per ritornare a casa «da donna, come mi ero sempre sentita».

Ed ad aspettarla c’erano gli amici, c’era soprattutto la famiglia. Fu difficile per i genitori comprendere che non si era trattato «di un semplice capriccio, ma di un disagio profondo che andava risolto». Fu difficile ma alla fine le tensioni si sciolsero nell’abbraccio che la accolse al suo rientro dalla capitale. Ora poteva guardare al futuro. Si sentiva davvero viva per la prima volta. Trovò un lavoro dove venne accolta bene, iniziò le pratiche per il cambiamento del nome anche sulla carta di identità.

E soprattutto incontrò l’amore. Non mancarono negli anni successivi battute o pettegolezzi. Quelle stesse che ancor oggi affliggono molti uomini nella nostra Regione molti dei quali (come si può leggere nell’articolo sottostante) sono in attesa di un intervento. Quelle che un tempo ferivano come lame ora per Veronica però erano solo delle parole che scivolavano via senza turbarla. Non le importava più nulla di quelle voci, lei ora era una donna, e questo le bastava.

Certo, le sofferenze non le ha dimenticate. Per questo, ora si rivolge a chi oggi sta vivendo la sua stessa situazione. Perché i pregiudizi e gli sguardi indagatori persistono ancora nella nostra società. «Siate voi stessi, senza paure, senza compromessi, – dice – perché ognuno ha il diritto di vivere. Nella nostra società il transessualismo è un problema abbastanza accettato ma non ancora del tutto. Ci sono ancora grosse difficoltà ad essere capiti e anche la Chiesa dovrebbe iniziare un po’alla volta a capire i nostri diritti». Oggi Veronica ha 50 anni.

Negli occhi la felicità di chi il suo sogno l’ha raggiunto e la gioia di essere sposata con un uomo che ama e da cui è amata e con cui vive nella Bassa friulana, vicino a Latisana. Eppure c’è un desiderio da realizzare: «Far capire a tutti che noi transessuali abbiamo il sacrosanto diritto di vivere come tutte le altre persone normali, perchè noi siamo persone normali anche se rinate in una sala operatoria».

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