Strage di Natale i difensori: non fu mafia

Processo in Corte d’assise d’appello di Trieste: chiesta l’assoluzione per gli imputati. E dopo 15 anni spunta anche la pista dell’Operazione cantiere

UDINE. «Chi esce sconfitta da questo processo è la giustizia: se i colpevoli di reati così gravi sono le persone processate, queste dovrebbero stare da tempo dietro le sbarre, se invece gli imputati non sono responsabili di mafia e strage è ancora più grave il fatto che essi siano, dopo 15 anni, ancora sotto processo mentre i responsabili chissà dove sono». Così l’avvocato Maurizio Miculan ha chiuso la sua arringa ieri nell’udienza per il processo bis in Corte d’Assise d’Appello a Trieste per la strage di Natale nel chiedere l’annullamento della condanna di primo grado per il reato di associazione di stampo mafioso a carico del suo assistito Nicola Fascicolo. A segnare il suo esordio, le parole con cui il procuratore generale in Cassazione dieci mesi fa aveva chiesto l’annullamento della sentenza della corte di Assise d’Appello: «Quello dell’associazione mafiosa è un leggero soprabito appoggiato sulle fragili spalle di reati al massimo concernenti lo sfruttamento della prostituzione» ha citato Miculan.

Quindi ha contestato nel merito la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di associazione di tipo mafioso, evidenziando l’assenza di capacità di intimidazione esterna in capo agli imputati. Non si sarebbe potuta creare, per la difesa, una condizione di assoggettamento diffuso nei confronti di coloro che si sono rapportati con il sodalizio processato. L’assenza di omertà generalizzata nella comunità udinese, per Miculan, sarebbe dimostrata dal fatto sono stati ascoltati in dibattimento oltre 400 testimoni in 70 udienze.

Non ha solo contesto le accuse, ma ha suggerito l’approfondimento di piste non sufficientemente battute l’avvocato Laura Luzzatto Guerrini difensore di Tatiana Andreicik, accusata di associazione mafiosa e di Saimir Sadria, accusato di strage.

In capo alla prima imputata l’avvocato Luzzatto ha ripercorso la storia della ragazza dal suo arrivo in Italia al suo avvio nel mondo della prostituzione. «Ha agito liberamente, senza assoggettamenti o minacce – ha sottolineato – non è emerso alcun elemento che potesse avvalorare la sussistenza a Udine di un’associazione di stampo mafioso» ha sostenuto chiedendo l’assoluzione per la sua assistita.

Quanto a Sadria per il quale la procura generale ha chiesto la condanna all’ergastolo per strage, il difensore proponendo l’assoluzione ha esordito dicendo: «L’indagine si è aperta a 360 gradi, ma si è concretizzata in un unico filone, mai è emerso un movente che potesse spingere Saimir a mettere una bomba». Quindi la Luzzatto ha spostato l’attenzione sull’Operazione cantiere condotta dai carabinieri del Ros che un mese dopo la strage portò all’individuazione di un’auto con 66 bombe a mano vicino Udine. Indagini partite un paio di mesi prima della strage. Fra le persone attenzionate dagli inquirenti, uno morì suicida indicando in un biglietto due correi che lui riteneva terroristi. Non solo, i numeri di serie delle bombe trovate nell’auto presentavano inquietanti analogie con i frammenti dell’ordigno esploso in viale Ungheria il 23 dicembre 1989.

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