Sua la responsabilità della guerra che causò seicentomila morti

Tra le motivazioni che oggi sostengono il coro dei no alla sepoltura di Vittorio Emanuele III nel Pantheon manca, secondo me, la principale che incombe come un’ombra tragica sulla storia italiana: l’inutile entrata nella prima guerra mondiale. Mentre si trattava il patto segreto di Londra (quello che ci fece entrare in guerra) Sydney Sonnino, ministro degli esteri, inviava alle potenze dell'intesa un memoriale in cui scriveva: «L’Italia potrebbe probabilmente conseguire la maggior parte dei desiderata nazionali con un semplice impegno di mantenere la neutralità e senza esporsi ai terribili rischi e danni di una guerra».
Un memoriale che doveva rimanere segreto come del resto l’intero patto di Londra, reso noto da Lenin solo nel ’24. Il fascismo stette ben attento che negli studi storici non venisse fuori mai né l’esistenza di tale patto, né la trattativa che pur c’era stata, con l’Austria Ungheria, per l’acquisizione di Trento e con la Germania per la trasformazione di Trieste in territorio autonomo dotato di un particolare status.
E dunque se non siamo entrati in guerra per Trento e Trieste per che cosa, per chi l’abbiamo fatto? La risposta a questa tragica domanda, secondo me, è dovuta ai 600 mila morti di quella guerra e a tutti coloro che hanno perso la vita o la libertà. Di quella guerra unico responsabile, assieme a non molti complici consapevoli, fu Vittorio Emanuele III.
Quando Giolitti poco prima del fatidico 24 maggio ricevette il consenso della maggior parte dei parlamentari di allora per una maggioranza neutralista, abbandonò la partita e si ritirò a Dronero disse in sostanza che se non avesse permesso la guerra il re avrebbe dovuto abdicare.
Ergo Giolitti ha abbandonato i pacifisti al loro destino per non rendersi responsabile della crisi istituzionale che sarebbe seguita all’abdicazione. Ciò significa che il re si era personalmente impegnato con le potenze dell’intesa per l’entrata in guerra.Nessuno, dotato di un minimo di discernimento, può pensare che il nostro ambasciatore a Londra di allora, Guglielmo Imperiali di Francavilla, possa avere firmato di testa sua un patto segreto che ci faceva scendere in guerra con i nemici dei nostri alleati.
È chiaro che Imperiali aveva ordini precisi da chi glieli poteva dare: il re e il governo. Ma quello che stupisce di quel patto è l’assenza di contropartite per l’Italia. Trento e Trieste, in pratica, e basta. Nemmeno Fiume, che abbiamo avuto grazie a quel pazzo di D’Annunzio che è andato a prenderla sfidando i cannoni italiani. E allora quale fu la contropartita vera?
Qualche malpensante ritiene che la risposta si debba cercare nel patrimonio, anche attuale, di casa Savoia. È chiaramente una favola quella che Umberto II, perduti i beni della corona, sia stato aiutato dalle sorelle per ricostruire il patrimonio familiare e vivere dignitosamente. D’altra parte nessuno ha mai indagato con quali mezzi e quali capitali l’attuale nipote Vittorio Emanuele IV abbia fatto per tanti anni il petroliere a Ginevra. Ma queste, al momento, sono malevole illazioni.
Di certo c’è, però, la condotta di quella guerra, intrinsecamente criminale. Noi dovevamo solo sacrificare reggimenti su reggimenti per tenere impegnata la Triplice su un terzo fronte. Non dovevamo avanzare e quando abbiamo sfondato sulla Bainsizza ci siamo ben guardati dal farlo. Né potevamo portare la guerra sul mare perché guai mai avessimo vinto da qualche parte, avremmo spostato qualche pedina sul fronte balcanico, cosa che gli alleati evidentemente ci impedivano.
La nostra marina non ha nemmeno tenuto il blocco di Otranto affidato agli inglesi. Seicentomila morti nelle truppe di terra e la marina ferma se non per le azioni individuali di pochi volontari come la beffa di Buccari. Inutile poi dire che la sindrome della vittoria mutilata, cioè dell’inutile sacrificio dei nostri morti, fu una delle cause principali se non la preminente del fascismo. Ma di questo non si parla. Si è fatto di peggio. Si è cercato di gettare tutte le colpe della condotta di quella guerra su Cadorna per salvare il re che invece ne è stato il responsabile massimo.
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