Sulla salita più dura d'Europa ha vinto un cronomen
MONTE ZONCOLAN. Sulla salita più dura d’Europa, sul traguardo sognato da tutti i campioni e gli scalatori del mondo, sull’erta micidiale da Ovaro dove vinsero Simoni, Basso e danzò Contador, ha vinto un cronomen. Sì, avete capito bene, un cronomen.
Forte, perché l’australiano Michael Rogers, 35 anni della Saxo Bank di Contador è stato dal 2003 al 2005 il campione del mondo contro il tempo e ha vinto in pista, ma se lui ha trionfato sullo Zoncolan, ultimo superstite di una corposa fuga partita subito dopo il via, allora vuol dire che la tanto attesa tappa dello Zoncolan è stata un bluff.
Agonisticamente una delusione. Grande. Ci perdoni Rogers, che subito dopo il traguardo ha onorato i centomila dello Zoncolan con un «pubblico da pelle d’oca» in perfetto italiano, ma il pubblico che ieri ha dato l’assalto alla montagna friulana e le salite che l’hanno preceduta, si aspettavano scintille da parte dei big. Invece Quintana ha controllato sornione, Uran ha subito raffreddato le velleità di rimonta del giovane Aru. Invece proprio i tifosi, per la prima volta nelle cinque edizioni dello Zoncolan, sono saliti in cattedra. Tifosi? No, chiamarli così sarebbe troppo. Imbecilli. Passi per la folcloristica corsa a perdifiato dell’uomo vestito da sposa a metà salita, che però si è tenuto distante dai corridori, impegnati a sfidare pendenze superiori talvolta al 20%; passi per l’uomo nudo celato nemmeno tanto da una bandiera, di cui la regia (balbettante) della Rai ci ha almeno risparmiato l’inquadratura frontale, ma quando un pugno di cretini ha cominciato a toccare i ciclisti, la corsa è andata fuori controllo.
Addirittura un colombiano è letteralmente entrato nel gruppetto della maglia rosa spingendo un Quintana infastidito. Poi l’assurdo: a meno di tre chilometri un altro, che chiamarlo tifoso è fargli un complimento, nel tentativo di spingere Buongiorno, che con Rogers si stava giocando la vittoria, ha costretto il 24enne calabrese della Bardiani a mettere il piede a terra. E se lo fai sul Kaiser sei fregato.
Possibile che la tappa più attesa del Giro d’Italia, che il Friuli ha preparato con puntiglio da oltre un anno spalmando ieri sul percorso oltre duemila volontari, debba essere rovinata da questi personaggi? Se ne stiano a casa la prossima volta e la smettano di rovinare spettacoli del genere.
Tuttavia, non si possono fare sconti nemmeno ai corridori. Quelli di classifica. Che ieri hanno deluso. Vero, la frazione dello Zoncolan arrivava dopo la tremenda faticaccia della crono del Grappa; è vero che la classifica generale era pressoché definita, con Quintana saldamente in rosa con tre minuti e oltre di vantaggio su Uran. Ma i big, che hanno lasciato andar via una fuga subito dopo la partenza di Maniago, non han fatto nulla per ricucire la corsa e porre le basi per la battaglia finale. Sotto l’arco di Ovaro, infatti, il gruppo della maglia rosa è passato con oltre sei minuti di distacco.
E nei primi terrificanti chilometri dopo Liariis ha subito fatto capire che la lotta per il successo di tappa non interessava. Non vogliamo farne una colpa a Quintana, ma dal giovane colombiano, anche dopo le polemiche per l’attacco nella discesa dello Stelvio, in molti si aspettavano la consacrazione su una salita che lui stesso da mesi definiva mitica.
Peccato. Nairo si è limitato a controllare assecondando il ritmo del connazionale Uran Uran, che a metà salita ha preso un vantaggio di una ventina di secondi su Fabio Aru. Alla vigilia il sardo cullava sogni di secondo posto sul podio. Niente da fare, come per gli altri che lo seguivano in classifica: Majka, Pozzovivo e Rolland. In apnea, per tutta la salita.
Ha vinto il giro, ma non è entrato nella storia dello Zoncolan e delle grandi salite Quintana. Avrà tempo per colmare questa lacuna perché è giovane e in salita ha dimostrato di essere formidabile.
Ma la montagna capace di esportare il Friuli in tutto il mondo si è ricordata della sua gente e ha chiamato ad una grande prova proprio un atleta carnico: Franco Pellizotti. Commovente il “vecchio” Pelli. Dopo il quarto posto di giovedì al rifugio Panarotta, il sesto nella cronoscalata del Grappa, ieri, come promesso ai suoi tanti tifosi sul percorso, ha centrato la fuga giusta e ha sfiorato il successo. Si è staccato dal duo Roger-Bongiorno di qualche metri a 5 km dall’arrivo, poi nel finale si è ripreso riuscendo anche a superare il più giovane compagno di fuga e piazzarsi a una manciata di secondi dal vincitore. Scuotendo la testa e praticamente scappando in lacrime davanti alla moglie Claudia e ai due bambini. Commovente, lui che a 36 anni, avrebbe voluto fortemente riprendersi quello Zoncolan che la squalifica per l’ematocrito alto gli aveva tolto alla vigilia dell’edizione 2010, quella di Basso.
A proposito di Basso. L’eroe sullo Zoncolan 2010 ieri è arrivato attardato. Sconsolato, ma applaudito. Per i tifosi la sua resta ancora l’impresa più bella delle 5 edizioni nei primi 11 anni di storia ciclistica del Kaiser. Quella di ieri la più deludente. Capita. Ma i centomila presenti, meno quei cretini di cui sopra, non se lo meritavano.
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