Superbonus tra burocrazia e truffe, da aprile zero contratti: cantieri bloccati, spunta la certificazione obbligatoria

Il capocategoria Zadro: da aprile zero contratti, no all’obbligo della certificazione Soa. Contessi (Ance): controlli necessari, in tutto il mondo devi dimostrare competenza

Giacomina Pellizzari

UDINE. Se la prendono con la certificazione obbligatoria per gli appalti dei lavori pubblici, la meglio nota Soa, tornano sul blocco della cessione dei crediti alle banche che, a loro avviso, sta bloccando l’avvio dei cantieri e sollecitano il rifinanziamento della norma che ancora non si vede.

Gli artigiani, con il capo categoria di Confartigianato, Alessandro Zadro, fanno il punto sui super bonus e il loro giudizio è lapidario: «Da aprile non si aprono nuovi cantieri. Non si sottoscrivono più contratti». Su questa previsione scoppia il caso con l’Ance che chiosa con un deciso «non ci risulta».

Il presidente di primacassa
La corsa a ostacoli delle cessioni dei crediti, le banche: Serve subito il decreto
Udine 11 maggio 2017. Convegno ConfCooperative © Foto Petrussi


Che la situazione sia complicata è fuori dubbio, che a livello nazionale il valore delle truffe sul super bonus 110% abbia raggiunto i 5,6 miliardi di euro è un dato di fatto, ma, aggiunge il presidente regionale dei costruttori (Ance), Roberto Contessi, «non si risulta che i nuovi cantieri restino fermi».

Pur condividendo diversi passaggi dell’analisi di Confartigianato, Contessi ci tiene a ricordare che l’obbligo della Soa l’ha preteso l’Ance per arginare il rischio truffe. Ma andiamo con ordine.
In una nota, Zadro dichiara «ormai finito l’effetto superbonus 110 per cento. Non si sottoscrivono più contratti da aprile perché le banche hanno saturato i plafond per coprire la cessione del credito. E ora si sono addirittura superate le risorse statali.

A ciò s’aggiunge l’imposizione della Soa a tutte le imprese per partecipare a ogni appalto, una decisione che «produrrà un assurdo: le poche titolate in regione, poco meno di 600 (341 imprese edili, 99 impiantisti termici e 125 impiantisti elettrici) si prenderanno gli appalti che poi subappalteranno alle altre quattro, cinquemila imprese.

Se non si attuano strategie post bonus, con una visione a 5-8 anni, in autunno molte imprese edili chiuderanno». Zadro ricorda «le continue modifiche alle norme sugli incentivi in edilizia, che stanno bloccando definitivamente i lavori di riqualificazione e tagliando fuori dal mercato oltre il 90 per cento delle imprese» e conferma la richiesta «di abolizione dell’obbligo per le imprese di possedere un’attestazione Soa per operare nel mercato dei bonus edilizi».

Rispetto alle garanzie di affidabilità che darebbe la Soa, Zadro evidenzia «che il mero possesso di questa attestazione in 20 anni non ha garantito, nell’ambito degli appalti pubblici, né la sicurezza sul lavoro, né tantomeno la qualità dei lavori, come ampiamente dimostrato da autorevoli fonti».

A suo avviso «la certificazione Soa rappresenta una vere a propria barriera anticoncorrenziale di ingresso al mercato».
Il superbonus sta mettendo in luce le diverse visioni delle categorie.

Se Confartigianato contesta la burocrazia per evitare lacci e lacciuoli alle imprese con un numero di dipendenti che si mantiene su livelli medio bassi, l’Ance non disprezza una maggior selezione proprio perché, secondo Contessi, «dobbiamo distinguere le imprese di costruzione da coloro che aprono l’attività senza garanzie.

In tutto il mondo per fare l’impresario edile devi dimostrare competenza ed esperienza».

Questi due requisiti vengono misurati attraverso la Soa, la certificazione rilasciata a chi dimostra di aver fatto interventi analoghi e per importi corrispondenti.

Chiarito tutto ciò, Contessi conferma che l’Ance si è battuta per rendere obbligatoria la Soa per l’esecuzione dei lavori che danno diritto al superbonus e l’ha fatto perché «i bonus sono finanziati dallo Stato e quindi sono interventi pubblici a tutti gli effetti».

Artigiani e costruttori concordano sul piano anti truffa e sulle difficoltà legate dalla sospensione della cessione dei crediti. «Molte imprese lavorano per privati che non si sono organizzati con le cessioni. In molti casi la banca aveva detto “compro” e ora non può farlo perché ha raggiunto il plafond.

«È chiaro che, in questi casi, se i privati non hanno i soldi per pagare i lavori le imprese non incassano e il rischio che più di qualcuna fallisca c’è» ammette Contessi auspicando, pure lui, che il Governi rifinanzi il decreto anche se, conclude, gli interventi in corso nei condomini sono inferiori rispetto a quelli concessi per le villette e questo fatto rallenta solo in parte il consumo di suolo. 

 

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