Tarcento, tutti i segreti del vecchio venerando: «Ecco come leggo i messaggi del fumo»

TARCENTO. «I friulani hanno il “fogolâr” dentro. È una parola che ha un significato importante nella cultura friulana: è il simbolo della famiglia». Lui se lo spiega così il successo dell’Epifania tarcentina, che ogni anno riesce a calamitare migliaia di persone a Coia, per vedere quel fuoco che domenica sarà acceso alle 19 sul cjistielat della cittadina sul Torre.
Lui è Giordano Marsilio, 76 anni, il “Vieli”, il vecchio venerando che ogni anno interpreta la direzione del fumo del fuoco di Coia. Marsilio, che nella vita è stato emigrante, ma sempre legato alla sua Tarcento dove è operativo anche con l’associazione Archeologica friulana, è “vieli” a Tarcento da 25 anni ma da una vita partecipa attivamente nell’ambito delle tradizioni epifaniche friulane, di cui Tarcento è custode dal 1928.
Marsilio, com’è iniziata?
«Ho iniziato che ero un bambino, portavo la torcia nel corteo: erano gli anni Cinquanta e a noi ragazzini regalavano un biglietto per il cinema quando partecipavamo. Poi sono stato paggio e nel tempo ho interpretato tutti i ruoli previsti nelle figure del corteo, tranne quelle cavalleresche. Da più o meno 25 anni, sono il vieli».
Come si “legge” il fumo?
«È una cosa che hai dentro. Quando ho iniziato, nessuno mi ha insegnato. È venuto da solo. Ho maturato esperienza guardando chi lo faceva prima di me e poi bisogna seguire la società per fare una buona interpretazione».
Non basta guardare la direzione?
«La corrente solitamente lo porta verso ovest, che sarebbe una direzione negativa. Allo stesso tempo quella direzione non è mai precisa e poi devi comunque interpretare il momento, i volti delle persone, i loro discorsi, conoscere un po’ l’andamento dell’economia, insomma tante cose devono essere considerate nel verdetto finale. E poi, bisogna dare sempre speranza alle persone».
Ma è tanto seguito il verdetto del “Vieli”?
«Molti ci credono. Proprio per quello ho imparato che bisogna trasmettere messaggi positivi anche perché il futuro lo si costruisce con impegno e devozione. Ogni anno per i due mesi successivi all’Epifania, mi chiamano in tanti per chiedermi consigli. C’è stato chi mi ha suggerito di aprire una ditta che fa questi servizi, quando in realtà ho sempre dato la mia disponibilità per puro spirito di servizio nei confronti del paese».
A cosa si deve il successo dell’Epifania tarcentina?
«Vengono in tanti, soprattutto da fuori, a vedere i nostri quindici fuochi, sono più dei tarcentini stessi che magari se lo guardano da casa il pignarûl. È il “fogolâr” che ogni friulano si porta dentro, in qualsiasi parte del mondo vada. È simbolo della famiglia.
Una “famiglia” che spesso è in crisi, nel mondo attuale... Certo, ci hanno tolto le corti dove una volta le famiglie condividevano gli spazi. Si, oggi c’è il rischio di perdere le nostre tradizioni se i giovani non sapranno prendere in mano l’eredità dei più anziani. Sta succedendo alla lingua friulana, quante parole sono per esempio scomparse e non si usano più».
Qualche anticipazione sul verdetto di domenica?
«Quello no, non mi preparo mai un discorso. Osserverò dove va il fumo e solo dopo darò la mia interpretazione». —
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