Terremoto, a Santa Margherita Il primo cantiere di restauro lo finanziò anche la Stiria

Gli abitanti si unirono in cooperativa ed evitarono le baracche. Pirzio Biroli: «aprì la strada all’intesa tra pubblico e privato»

Santa Margherita del Gruagno, la frazione di Moruzzo, dove nove famiglie abitavano da centinaia di anni, ai tempi del terremoto divenne un cantiere che fece scuola. 

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Gli abitanti non volevano lasciare le loro case e trovarono nell’architetto Roberto Pirzio Biroli, un tecnico deciso a sperimentare l’articolo 7 della legge 17/76 che dava la possibilità ai proprietari di individuare ambiti di intervento omogeneo sia per quanto riguardava i danni subìti che la tipologia architettonica.

In quel caso, infatti, i proprietari potevano costituirsi in cooperativa e ristrutturare le loro case. A Santa Margherita del Gruagno venne istituita la prima cooperativa e il primo cantiere simultaneo di ripristino.

In questo contesto, Pirzio Biroli inventò il cosiddetto “cassero del Gruagno”, ovvero un tipo di muratura che consentiva di recuperare gli edifici senza stravolgere le architetture.

«Gli abitanti di Santa Margherita del Gruagno - racconta Pirzio Biroli - si unirono spontaneamente in cooperativa l’1 agosto 1976. Due mesi dopo il terremoto.

L’obiettivo era ripristinare le abitazioni attraverso un cantiere centrale e simultaneo. Era il primo esempio di collaborazione tra pubblico e privato». Non a caso Santa Maria del Gruagno venne presa a esempio non solo dal presidente della Regione, Antonio Comelli, ma anche dal commissario straordinario, Giuseppe Zamberletti, che tornò da Roma per inaugurarlo. Il percorso però non fu facile tant’è che la convenzione tra pubblico e privato venne firmata più di un anno dopo, nel novembre 1977.

Il 31 maggio 1977 furono gli stessi abitanti a sollecitare i parlamentari a presentare un’interpellanza per arrivare alla sottoscrizione del documento.

«I sindaci - scrivevano gli abitanti - sono autorizzati a stipulare con le imprese o consorzi d’imprese, le cooperative di produzione e lavoro e loro consorzi disposti a eseguire le opere di riparazione, apposite convenzioni rivolte a razionalizzare e a rendere meno onerosa l’esecuzione delle opere».

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Santa Margherita fu il primo caso in cui si realizzò la struttura integrata di lavoro e in cui, si legge sempre nella lettera, venne introdotto il sistema di cantiere, per stati di avanzamento, che permise di «evitare case provvisorie e baracche».

Le perplessità non mancarono perché l’intervento prevedeva opere antisismiche e migliori standard abitativi quando, invece, la legge 17 non affrontava il discorso antisismico. Pirzio Biroli ripete che «quell’intervento voluto da una piccola comunità, creò le premesse per la legge sulla ricostruzione» che arrivò alla fine del 1977.

Senza contare che sul cantiere pilota puntò anche il governo della Stiria stanziando 50 milioni di lire che si aggiunsero agli altrettanti pari alla somma dei contributi regionali spettanti ai proprietari.

La convenzione venne stipulata e oggi, a 40 anni di distanza, Pirzio Biroli sostiene che «il Friuli ha fatto scuola nella progettazione privilegiando l’architettura anziché l’urbanistica come vuole l’Europa». 

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