Terremoto, ogni giorno in Friuli centinaia di scosse avvertite soltanto dai sismografi: la mappa con tutti i movimenti
Domenica 20 febbraio l’ultimo evento (magnitudo 2.6), avvertito questa volta anche dalla popolazione
UDINE. «Veniamo da un momento di relativa scarsa sismicità, altre scosse potranno manifestarsi per riequilibrare l’andamento sismico tipico del Friuli». La ricercatrice del Centro di ricerche sismologiche - Istituto nazionale di oceanografia e di Geofisica sperimentale (Crs-Ogs), Carla Barnaba, spiega perché non dobbiamo preoccuparci se, nei prossimi giorni, continueremo ad avvertire altre scosse di terremoto come è accaduto domenica 20 febbraio.
Generalmente un terremoto di intensità 2.6 della scala Richter viene registrato solo dagli strumenti, ma l’altra sera, alle 22.05, non è stato così: il boato si è sentito nettamente nella zona dell’epicentro localizzata a 2,5 chilometri da sud-est di Faedis e pure a Cividale e a Udine.
La prima scossa rilevata alle 22.05, seguita due minuti più tardi, alle 22.07, dalla seconda di magnitudo 1.3, è solo l’ultima delle centinaia di scosse rilevate nei 45 anni di attività della rete sismometrica del Friuli. Come sempre accade dal 1976 tutte le volte che in Friuli viene avvertito un movimento sismico la gente ritorna con la mente al 6 maggio di 46 anni fa, quando una scossa di magnitudo 6.4 della scala Richter, seminò morte e distruzione. Da allora la paura è sempre presente ecco perché, di fronte al susseguirsi delle scosse registrate nelle ultime settimane, in molti si chiedono: “Cosa sta succedendo?”.
L’esperta
«È tutto normale» risponde la ricercatrice, nel confermare che «i terremoti più piccoli, fino a 2.8 di magnitudo, dovrebbero essere percepiti solo vicino all’epicentro. La scossa di domenica sera è stata accompagnata da un rumore sordo in un’ora in cui il silenzio contribuisce ad amplificare il boato che accompagna il terremoto. Si tratta – sottolinea Barnaba – di un terremoto molto piccolo che la rete sismometrica registra abitualmente. Ogni giorno rileviamo centinaia di terremoti strumentali non percepibili alle persone».
La zona sismica
La ricercatrice comprende che le ultime scosse rilevate la settimana scorsa a Moggio Udinese e l’altra sera a Faedis, possono preoccupare e quindi vuole fare chiarezza illustrando i dati scientifici. «Entrambi i terremoti confermano la sismicità della nostra zona. In Friuli abbiamo già osservato momenti in cui c’è maggiore o minore sismicità», continua Barnaba nel sottolineare che «la sismicità subisce fluttuazioni: negli ultimi due anni abbiamo attraversato un periodo a bassa sismicità, mentre le scosse registrate quest’anno sembra ci stano riportando alla normalità».
Un dato per tutti: «Il biennio 2018/19 è stato caratterizzato da più di 15 episodi sismici superiori a magnitudo 3, nella sola area friulana. Nel 2020, invece, abbiamo avuto solo due terremoti superiori a 3 gradi Richter: a Forni di Sopra e a Bovec».
Questo per dire che l’anomalia non sono le scosse bensì la loro assenza. Con l’Orcolat, l’orco che nella leggenda friulana rappresenta il terremoto, insomma dobbiamo convivere. «È tutto normale – ripete ancora la ricercatrice –, purtroppo i terremoti sono fenomeni fisici che non accadono con regolarità come le maree, il loro accadimento è impossibile da determinare».
Il monitoraggio
Seduti davanti agli schermi sui quali compaiono grafici e mappe, a Udine, i ricercatori del Centro di ricerche sismologiche continuano a monitorare i movimenti tellurici in un’area che si estende oltre i confini regionali. Lunedì 21 febbraio, alle 15.18 per la precisione, è stata registra una nuova scossa di magnitudo 0.3 a due chilometri a nord-ovest da Villa Santina. «Già in passato avevamo osservato fluttuazioni, arrivando da due anni di relativa bassa sismicità se oggi l’attività aumenta è naturale», ripete Barnaba, non senza aggiungere: «Se la prossima settimana rileveremo un nuovo evento sarà normale. Per certi versi è più preoccupante osservare la mancanza di eventi, o la loro concentrazione in un’unica area. Più registriamo eventi di queste caratteristiche, sparsi in giro per la regione, più il sistema si mantiene in equilibrio, e si avvicina alla sismicità di fondo che abbiamo monitorato in questi 45 anni di osservazioni».
E alla domanda se a distanza di quasi mezzo secolo dal terremoto del 6 maggio 1976 che distrusse il Friuli, considerato che 48 anni prima, nel 1928, un altro terremoto aveva provocato danni e morti in Carnia, sia possibile immaginare un nuovo evento di magnitudo elevata, la ricercatrice lo esclude. «Un terremoto d’intensità pari a quello del 1976 accade raramente, prima di allora – ricorda sempre la ricercatrice – un evento analogo era stato registrato nel 1511. I terremoti di magnitudo compresa tra i 5 e 6 gradi della scala Richter, invece, sono più frequenti: è accaduto al Cansiglio nel 1936, nel 1979 a Trasaghis, a Bovec nel 1998 e nel 2004 a Kobarid, in Slovenia. Da allora un evento di questa portata manca».
Tutto ciò per rimarcare che l’attenzione resta alta e che altre scosse non tarderanno ad arrivare.
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