“Tocca” il paziente anestesista condannato

SAN DANIELE. Una manovra di prassi equivocata o un palpeggiamento? Sarà probabilmente un processo di terzo grado a stabilire se quanto accaduto in un ambulatorio dell’ospedale di San Daniele nel gennaio 2009 sia stato normale o no. Perché i giudici di primo grado hanno creduto al medico, quelli di secondo al paziente.
Imputato è un anestesista dell’ospedale di San Daniele, Claudio Bonifacio, 60 anni, di Udine, difeso dall’avvocato Andrea Mascherin. Vittima, un camionista di Dignano, di 48 anni, assistito dall’avvocato Enrico Cleopazzo del foro di Pordenone.
Il processo di primo grado, con rito abbreviato, era stato celebrato nel 2010 a Udine e si era concluso con l’assoluzione del professionista. La procura aveva impugnato la sentenza: ieri si è pronunciata la Corte di appello di Trieste, in maniera contraria rispetto al giudice di primo grado. Il medico è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, e al pagamento di una provvisionale di diecimila euro a favore della vittima oltre che alla liquidazione delle spese di causa.
Secondo il capo di imputazione, il professionista durante una prestazione ambulatoriale avrebbe praticato manovre improprie nelle parti intime del paziente, le quali furono valutate dallo stesso come equivoche.
Il trentanovenne soffriva di una forte lombosciatalgia con ernia che lo costrinse a più visite al pronto soccorso dell’ospedale di San Daniele. Gli fu praticata la terapia del dolore, dal momento che altre cure non ebbero gli effetti sperati.
Inizialmente il paziente – sentito in secondo grado dai giudici – riteneva si trattasse di manovre di prassi. Quando, però, le stesse si concentrarono sulle sue parti intime, si alzò e se ne andò dall’ambulatorio.
Il giudice di primo grado aveva accolto la tesi della difesa del professionista friulano: il palpeggiamento, se tale poteva essere definito, era avvenuto per valutare se c’era stata o meno la compromissione di nervi a causa della lombosciatalgia.
La corte di appello di Trieste ha ritenuto invece credibile la versione della vittima, che non era stata sentita in primo grado, dove l’imputato aveva optato per il giudizio con rito abbreviato.
La Cassazione, a questo punto, deciderà chi ha ragione e chi ha torto.
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