Toglie i sigilli al contatore: «I miei figli hanno freddo»

SACILE. «L’Enel ha sigillato il contatore del gas il 17 febbraio senza avvisare ma la bolletta era stata pagata». Al civico 3 in via Pedemontana sono rimasti al freddo: cinque giorni. Un tormento per una famiglia con bambini.
«Senza riscaldamento e con l’acqua fredda non si vive – ha raccontato la residente che è precaria, un marito invalido e due figli a carico –. Il 22 febbraio ho tolto il sigillo e aperto il gas. Il 7 febbraio avevo pagato la bolletta e informato l’Enel tramite fax e telefono».
Il 18 febbraio ha rinviato la ricevuta, con una lettera che richiedeva il riallaccio urgente. «Per fare stare al caldo i bambini e mio marito – ha raccontato con la rabbia dell’impotenza sui tempi della burocrazia -. La sua salute è intaccata da una malattia rara che si aggrava maggiormente con il freddo».
Al telefono, la proposta dell’ente erogatore del gas è stata quella di fare un altro pagamento. «Ci hanno detto di rieffettuare il pagamento per un riallaccio più rapido – ha continuato –. Il rimborso sarebbe stato nelle bollette successive: ho inviato anche un certificato medico con la ricevuta di pagamento. Ma nulla si è mosso e il contatore è rimasto sigillato. Fino a quando ho preso il tronchesino, esasperata ho girato la manopola».
Il riscaldamento è acceso e nella casa in via Pedemontana si sono tolti cappotto e guanti. «Magari si andrà in prigione al caldo – scherza con amarezza la precaria –. Intanto, chi mi ripaga i disagi e il rischio salute patiti?»
Il blocco del gas ha dato la spallata agli equilibri economici difficili. La precaria lavora a scuola: contratto fino in giugno e stipendio di dicembre ancora da incassare.
«Abbiamo dovuto sospendere il pagamento del mutuo casa. La sfortuna non ci dà tregua: mio marito ha una pensione minima di invalidità, che si è trattenuta in automatico la banca, per il mutuo. Ma con quali soldi, allora, posso dare da mangiare ai nostri figli?».
Accreditare la pensione di invalidità sul conto corrente in posta non è stato facile. «Tre mesi per ottenere un risultato dopo la via crucis di telefonate e file allo sportello – la prassi burocratica ha messo a dura prova la precaria che tiene famiglia –. Il Comune per due volte non ha accettato i documenti di matrimonio all’estero e sono una supplente con un futuro professionale instabile».
Il lavoro di supplente dura da dieci anni. «Cerco di sopravvivere come centinaia di colleghi supplenti a scuola – la precaria tiene botta con i contratti a tempo determinato che non assicurano il futuro –. Il primo salario arriverà in marzo dopo 80 giorni di lavoro. Più grane e rogne che diritti: ma quello dell’acqua calda in casa per i bambini, è un diritto irrinunciabile».
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