Tornano le “lucciole” lungo la Pontebbana

Donne italiane e straniere a caccia di clienti specie tra Zoppola e Codroipo. Il comitato per i diritti delle prostitute: la crisi ha aumentato la concorrenza

PORDENONE. Donne, anche italiane, che aspettano sul ciglio della strada. Non su una strada qualsiasi, ma la Pontebbana. Donne che aspettano, non un passaggio ma un cliente. La prostituzione torna a farsi vedere sul versante pordenonese della ex statale 13. Nel tratto tra Zoppola e Casarsa soprattutto. Nessun fenomeno allarmante, ben s’intenda, nessuna via a luci rosse, ma forse la fotografia di un fenomeno sociale che risente, non meno di altri, del mutamento delle condizioni anche economiche del territorio.

Donne che lavorano sulla strada ce ne sono anche in provincia, come conferma Pia Covre, fondatrice insieme a Carla Corso del comitato per i diritti civili delle prostitute. «Conosciamo le donne che lavorano nel tratto tra Casarsa e Codroipo. Non mi risulta che ci siano donne nuove, ma potrebbe essere. Oppure potrebbe essere che siano le stesse che si fanno vedere di più perché il lavoro, anche nel campo del sesso, scarseggia.

La domanda è in calo e la concorrenza, specie di ragazze giovani, è molta». E allora, un po’ come i negozi aperti sette giorni su sette, anche le professioniste del sesso sono costrette a rimanere in vetrina più a lungo. Le tariffe sono sempre più basse «perché i clienti hanno pochi soldi e cercano di spendere meno – è l’analisi della referente del comitato – e perché la ragazze giovani sono tante e sono disponibili a prestazioni a prezzi ridotti». La legge del mercato, insomma, non risparmia nessun settore.

«Non mi stupirei – dice Covre, sempre molto attenta ai mutamenti sociali – che ci fosse anche qualche italiana che ha perso il lavoro e che sceglie di prostituirsi per sopravvivere». Il comitato, è bene dirlo, non ha segnalazioni specifiche di casi di questo tipo, ma la prostituzione «anche solo per arrotondare», ha sempre più i connotati dell’ “ordinarietà” «per cui non deve meravigliare se signore apparentemente insospettabili si prostituiscono» è l’analisi di Covre.

C’è poi il ritorno «di chi aveva smesso di esercitare ma deve rimettersi a lavorare perché non ha la pensione e non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. Donne che non hanno alternative. E che non ne avranno finché la legislazione non cambierà». Il comitato non ritiene, invece, che l’esercizio sulla strada sia necessariamente più pericoloso per la donna di quanto non lo sia in appartamento. «Garantire la sicurezza delle donne significherebbe permettere loro di organizzarsi, ma questo non è possibile finché la normativa è questa».

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