Torviscosa, è bufera sui nomi fascisti
TORVISCOSA. Il passato e la storia di una comunità non si possono cancellare con un colpo di spugna o credendo che la toponomastica sia in grado di oscurare una realtà che è lì, sotto gli occhi di tutti, siano essi residenti o semplici visitatori.
Specialmente se la tua stessa esistenza è dovuta a una precisa volontà politica di un regime, quello fascista, che l’Italia cerca di gettarsi alle spalle da settant’anni, ma che continua a mantenere vive le tracce di sè, culturalmente e architettonicamente, lungo tutto lo stivale.
Come, ma forse soprattutto, a Torviscosa, cittadina della Bassa friulana progettata dall’architetto Giuseppe De Min e realizzata, a partire dal 1937, dopo la definitiva bonifica delle paludi e la fondazione di una fabbrica per la produzione di cellulosa – ricavata dalla canna gentile – in ossequio alla politica autarchica di Mussolini inaugurata dal duce negli anni ’30.
Torviscosa, al pari di altre realtà come Littoria (attualmente Latina), Guidonia, Pomezia o Tirrenia per citare qualche caso, è un tipico esempio di quelle città di fondazione fascista inaugurate dal regime nel 1928 nel Regno d’Italia – a partire da Mussolinia (oggi Arborea) – e nei territori dell’Impero dopo la presa di Addis Abeba nel 1936.
Ed è anche la città in cui l’amministrazione comunale guidata da Roberto Fasan – riconfermato nel 2011 con il sostegno di due liste civiche che strizzano l’occhio al centrosinistra – chiederà, martedì sera, alla popolazione il via libera per riavvolgere il nastro della memoria e riportare indietro le lancette dell’orologio sino all’età monarchica.
Affiancando, cioè, ai nomi attuali delle principali vie e piazze della cittadina, quelli di epoca fascista e riconsegnando l’attuale piazza del Popolo allo schema originale disegnato da De Min. Ma è subito bufera.
Il progetto
Nessuno a Torviscosa vuole modificare ufficialmente la toponomastica in vigore dal maggio 1945 – cioè dal momento della prima delibera post bellica del Comune – quando le targhe delle vie e delle piazze in marmo di Carrara vennero capovolte, visto che di denaro in cassa ce n’era ben poco, per cancellare il passato littorio del paese.
L’idea, infatti, è quella di affiancare all’attuale denominazione un cartello, come già succede in tante città italiane, con le antiche diciture pre-repubblicane.
Così, per esempio, alla targa di piazza del Popolo ne verrebbe aggiunta un’altra con la scritta piazza Impero, in viale Villa ci sarebbe anche il vecchio nome di viale Giovinezza, a viale Roma sarebbe affiancato viale delle Trincee e viale delle Legioni a viale Marconi.
«Abbiamo il massimo rispetto per i valori della resistenza e della lotta partigiana – ha spiegato l’assessore comunale alla cultura Settimo Mareno – tanto è vero che, martedì, abbiamo invitato anche il segretario provinciale dell’Anpi. Ma Torviscosa è una città di origine fascista, fondata per precisa volontà del regime, e la nostra è un’iniziativa prettamente culturale oltre che di salvaguardia della storia e delle peculiarità urbanistiche del territorio».
Compromesso
Mareno, al pari del sindaco Fasan, pone, però, l’accento su una questione fondamentale e cioè che l’iniziativa dell’amministrazione, sempre al netto del placet della cittadinanza, non vuole assolutamente rappresentare un’operazione-nostalgia per il Ventennio.
Tanto è vero che alcune storiche denominazioni – come per esempio viale Arnaldo Mussolini o piazza Dux – non troveranno posto a fianco della toponomastica di epoca repubblicana.
«I nomi troppo fascisti esulano completamente dalla nostra proposta – conferma – proprio perché rappresentano in maniera sin troppo evidente un periodo della storia nazionale cupo e di cui non abbiamo alcuna nostalgia».
Opposto, invece, è il discorso sulla vecchia piazza Impero dove il Comune vuole eliminare i tre grandi cedri – piantati a partire dagli anni ’80 – che nulla hanno a che fare con l’impianto originale di De Min.
A differenza dei pini marittimi, una delle architravi della “Romanitas fascista” mussoliniana (basti pensare al Foro Italico a Roma, ndr), questi alberi sono stati infatti collocati nelle aiuole senza alcuna giustificazione urbanistica o storica, ma installati per essere utilizzati soltanto come alberi di Natale.
«La Soprintendenza ci ha già dato parere positivo – ha spiegato Fasan – alla loro eliminazione che ci permetterebbe di ridare visibilità all’intera piazza e agli elementi architettonici che la compongono. Ripiantarli in un’altra area del paese? Ci avevamo pensato, ma costerebbe decine di migliaia di euro».
Storia e turismo
La salvaguardia della cultura e del passato di Torviscosa, nell’ottica del Comune, può però anche fungere da volano per sviluppare ulteriormente alcune forme di turismo storico legate al fatto che la cittadina della Bassa è, almeno nel nord Italia, uno dei paesi che ha mantenuto meglio, e in maniera più evidente anche a occhio nudo, l’architettura urbanistica tipica del Ventennio.
Nel 2014 Torviscosa è stata visitata da 7 mila persone, la mostra sulla “Battaglia del grano” in Friuli, grazie alla documentazione in possesso del Comune, è pronta a “volare” all’Expo di Milano, al Cid sono stati installati 25 plastici sulla storia passata del paese e l’amministrazione sta terminando i lavori per il restauro degli impianti a cellulosa che risalgono alla fine degli anni ’30.
In rampa di lancio, inoltre, c’è pure una nuova mostra sulla Russia di Stalin – con l’obiettivo di mettere a confronto la propaganda fascista con quella comunista nell’ex Unione sovietica –, mentre per l’autunno dovrebbe aprire i battenti “Quando l’Italia aveva le fabbriche” grazie alle 10 mila lastre conservate alla Snia che tracceranno un quadro della realtà sociale locale dal 1920 al 1960.
Piazza Impero e viale delle Trincee, dunque, non come forma di rimpianto per il passato, ma come schema di memoria comune e come possibile lancio per lo sviluppo futuro.
«Non credo sia un caso – ha concluso Mareno – che l’Unione europea ci abbia concesso un finanziamento da 800 mila euro per la tutela culturale del Comune. Mezzo milione lo abbiamo utilizzato per la ristrutturazione del Cid, mentre i restanti 300 mila euro sono stati destinati alla salvaguardia della mole documentale in mano all’amministrazione e per altre attività culturali collaterali».
Tagliare tre cedri in piazza del Popolo e nel caso posizionare una manciata di targhe storiche, invece, costerebbe decisamente meno.
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