Tra cucina e tradizioni Al Marinaio dove il tempo si è fermato

Secoli di storia e memorie nelle osterie di Udine e una passione, quella per la tradizione e la tipicità del territorio friulano, che ancora non tramonta. Se solo qualche mese fa il Comitato per le osterie aveva lanciato l’allarme, segnalando che sono sempre meno i locali storici a sopravvivere in città, tra quei pochi, qualcuno è rimasto lo stesso di più di un secolo fa. Entrando Al Marinaio, in via Grazzano, la sensazione è quella di un tempo che si è fermato.
I tavoli in legno scuro, gli archi di mattoni, il rosso e il bianco delle tovaglie, un lungo bancone che ripropone le specialità della cucina tipica friulana, esattamente come vuole la tradizione, le foto storiche e un po’ ingiallite appese sulle pareti perlinate, nel ritratto di una Udine ormai lontana.
La storia di quest’osteria affonda le sue radici lontano, qualcuno parla addirittura della fine Settecento ma i primi documenti riferiscono di un’attività che risale almeno al 1905, quando nel locale vi era una mescita di vini pugliesi. Inoltre, come ricorda Chino Ermacora nel suo “Vino all’Ombra” del 1935, Al Marinaio – anche le origini del nome non sono ben certe, ma sicuramente legate a un uomo di mare – si poteva considerare la sede della Confraternita dei calzolai che risale al XIV secolo. Era invece il 1961 quando Umberto Sartori – che portò avanti l’attività per quarant’anni assieme alla moglie Elsa e tutt’ora sono i proprietari dell'immobile – rilevò la licenza del locale da una cividalese, Giulia Rossich, rimasta in servizio per 35 anni. Dopo un paio di passaggi intermedi, oggi a gestire lo storico locale udinese sono Gianni e Adriana, che hanno riportato la tradizione di un tempo, richiamando anche un bel numero di giovani che, sempre meno, hanno occasione di mangiare a casa le specialità tipiche della cucina contadina.
Quattro mura che ricordano il passato: lì, infatti, si ritrovarono a tavola o per una partita a briscola e Tre sette uomini della politica, professionisti, operai, giocatori del mondo del calcio e della pallacanestro e, naturalmente, gli udinesi e la gente comune, che tra una polpettina e un bicchiere di rosso hanno fatto la storia della città.
«Quando ho cominciato a lavorare, negli anni Sessanta, il vino si spinava dalla botte dietro il bancone – ricorda “Berto”, storico gestore – la piastra era sempre accesa e la polenta pronta per accompagnare un buon pezzo di formaggio». Anni in cui nella zona di Borgo Grazzano si faceva tappa tra le osterie da Pozzo, l’Allegria, Al Marinaio, I Pompieri e Il Canarino. Dall’architetto Olivo, che si sedeva sempre nello stesso tavolo, in fondo alla sala e accanto alla finestra, con il suo piatto di baccalà, a Mussato e Candolini, «con il quale si poteva dialogare senza andare in municipio», precisa Sartori, ma anche lo storico procuratore dell’Udinese Ariedo Braida, Sergio Manente, Zico assieme a lavoratori, tassisti – in attesa del treno dell’una di notte – e studenti, che a fine serata si presentavano per la birra e, «a occhio valutavo quanta ne rimaneva nel fusto e gliela vendevo a buon prezzo – scherza Umberto –: una volta ci guadagnavo io ma la maggior parte lo facevano loro».
Ricordi, nostalgia e una volontà di non lasciarle andare quelle tradizioni. I tempi sono cambiati e la sfida la raccolgono Gianni e Adriana: «Abbiamo puntato su ciò che offre il nostro territorio, sempre più clienti cercano e richiedono i sapori tipici, compresi i turisti, che non rinunciano a farci visita». Nemmeno i giovani si tirano indietro, come conferma Gianni: «Sarà che a casa certi piatti non li mangiano più ma qui, il fine settimana, è pieno di ragazzi». Due fotografie scattate a 40 anni di distanza ritraggono la stessa immagine: una coppia, dietro al bancone, impegnata a servire le pietanze. Continuità, tradizione, passione per il proprio lavoro e tanto sacrificio. In fondo, la storia dei locali la fanno soprattutto i gestori.
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