Tragedia del Natisone, i quattro indagati non risponderanno alle domande della Procura di Udine
In 4 dicembre non si presenteranno. L’avvocato Laghi: saranno coinvolte altre persone con ruoli diversi. La mamma di Patrizia: «C’era il tempo per salvare i ragazzi»
I quattro indagati non si presenteranno in Procura il 4 dicembre per il primo interrogatorio di garanzia. Gli avvocati difensori, su questo punto, sono concordi.
«Abbiamo ricevuto l’invito a rendere l’interrogatorio, al quale non presenzieremo in attesa di poter conoscere il contenuto del fascicolo – sono le parole di Stefano Buonocore, legale di due degli indagati tra gli addetti dei vigili del fuoco –. Solo allora ci sarà possibile comprendere le ragioni dell’addebito ed elaborare una strategia difensiva».
Dello stesso avviso l’avvocato del terzo pompiere indagato, Alfonso Mangoni: «Il mio assistito non si presenterà all’interrogatorio in Procura», ha chiarito. Decisione analoga per il terzo difensore, Maurizio Miculan, a cui si è affidato l’operatore della Sores: «Per rispetto nei confronti delle persone coinvolte in questa tragica vicenda – ha commentato – in questo momento non commento le contestazioni mosse al mio assistito. Ho già comunicato al pubblico ministero che non presenzieremo all’interrogatorio e che svolgeremo ogni opportuna difesa nel momento in cui avremo accesso al fascicolo processuale avendo contezza degli atti di indagine».
La notizia dell’iscrizione di quattro persone nel registro degli indagati non ha stupito gli avvocati delle famiglie dei tre ragazzi morti nel fiume Natisone, Gaetano Laghi per le famiglie Molnar e Doros, Maurizio Stefanizzi per i Cormos. «Prendo atto delle decisioni della Procura e attendo i passi successivi – ha detto Laghi –. Non escludo che in futuro possano esserci altre persone iscritte nel registro degli indagati, visto che ci sono una catena di responsabilità e un’ipotesi di omessa vigilanza».
Dichiarazioni che fanno intendere come non ci si fermerà solo all’operatore della Sores e ai tre vigili del fuoco, ma si andrà oltre, per verificare le responsabilità anche tra chi i protocolli di emergenza li ha introdotti e sottoscritti.
Da parte sua l’avvocato Stefanizzi ha aggiunto: «Confermiamo la nostra fiducia nel lavoro della Procura udinese e attendiamo gli esiti degli interrogatori. Cerchiamo la verità ed è questo che preme alle famiglie delle vittime: sapere come sono andate davvero le cose quel pomeriggio del 31 maggio». Ogni volta che si riparla della tragedia del Natisone, per Maria Mihaela Tritean, mamma di Patrizia Cormos, è come tornare a quelle terribili ore di sei mesi fa: «Ritengo opportuni i rinvii a giudizio nei confronti di chi ha parlato con Patrizia negli ultimi istanti della sua vita – ha affermato riferendosi alle ultime decisioni della Procura udinese –. Attendo di sentire la loro versione dei fatti.
A nostro avviso c’era tutto il tempo per salvare i tre ragazzi: qualcosa tra i soccorsi non ha funzionato come doveva. Attendiamo di sapere che cosa. Dai tanti video realizzati in quelle ore dal ponte Romano – ha chiuso la donna – lo si capisce chiaramente ».
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