Travolta da un’acquasantiera, così è morta la piccola Penelope: «Quella chiesa non era un luogo sicuro»
Al processo per omicidio colposo si è parlato ancora della sottovalutazione dei rischi nell’utilizzo dell’edificio religioso a Udine: imputati la dirigente scolastica e il direttore spirituale
UDINE. Faceva (e fa) parte del plesso dell’Educandato Uccellis, era frequentata dai suoi allievi e dai docenti che ce li accompagnavano, dagli addetti alle pulizie e dagli appassionati d’arte. Eppure, la chiesetta di Santa Chiara, quella in cui, il 21 novembre 2019, Penelope Cossaro fu travolta e uccisa, a soli 7 anni, da un’acquasantiera risalente al 1646, non era considerata un luogo cui dedicare particolari attenzioni in materia di sicurezza.
Si è parlato ancora una volta della valutazione o, meglio, della sottovalutazione dei rischi insiti nel suo utilizzo e delle regole che lo disciplinavano, al processo per omicidio colposo che vede imputati la dirigente scolastica Anna Maria Zilli, difesa dagli avvocati Stefano Buonocore e Giancarlo Mariniello, e il direttore spirituale, padre Ioan Marginean Cocis, che quel pomeriggio organizzò lì, e non in classe, la lezione di catechismo, difeso dagli avvocati Giuseppe e Carlotta Campeis.
La lunga sfilata di testimoni si è aperta con Franco Scano, all’epoca responsabile del servizio di prevenzione e protezione: fu lui a inserire la chiesa nella dichiarazione di valutazione rischi, limitandosi però agli aspetti legati alla normativa antincendio e alle vie di fuga, e sempre lui a dichiarare di non ritenere necessario altro, trattandosi di un luogo di culto.
Considerazione, questa, che Roberta Bellina, la dirigente che dal 2014 al 31 agosto 2019 guidò l’Uccellis, ha tenuto a sua volta a ribadire, evidenziando l’insistenza con cui ripetutamente chiese di prevedere la messa in sicurezza della chiesa, salvo ammettere di avere continuato comunque ad «autorizzare le seppur sporadiche attività» al suo interno. Dalle prove di coro, che l’insegnante di musica, Annamaria Domini, ha precisato essersi succedute in quattro occasioni, sempre a Natale e non oltre il 2018, alle visite guidate al pubblico, agli accessi di padre Ioan, appunto.
«L’ingresso era particolarmente vigilato – ha detto Bellina –, ma l’istituto era estremamente sparpagliato e i pericoli sempre dietro l’angolo. Quanto alla chiesa, l’unica volta in cui ci allarmammo fu vedendo parti di gesso dei medaglioni del Quaglio sbriciolate: vietai l’accesso. Nessun sentore, invece, dall’acquasantiera: io stessa – ha ricordato – mi ci appoggiai, senza notare nulla che potesse presagire problemi». Prossima udienza l’11 giugno.
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