Travolta da un’acquasantiera in chiesa, in due rinviati a giudizio per la morte di Penelope Cossaro
L’ipotesi di reato è omicidio colposo per l’allora dirigente scolastica e il direttore spirituale dell'educandato Uccellis di Udine che la bambina di 7 anni frequentava: prima udienza il 12 ottobre
UDINE. Comincerà il 12 ottobre il processo che cercherà di dare un nome, se c’è, ai responsabili della morte di Penelope Cossaro, strappata alla vita e alla sua famiglia all’età di 7 anni, dopo essere stata travolta da un’acquasantiera di marmo mentre, con la sua classe, la seconda elementare dell’educandato “Uccellis”, stava partecipando all’incontro di catechismo nella chiesa di Santa Chiara.
Dell’incidente, avvenuto il 21 novembre 2019, la Procura ha chiamato a rispondere la dirigente scolastica dell’istituto, Anna Maria Zilli, 62 anni, di Udine, e il direttore spirituale, padre Ioan Marginean Cocis, 49, di Martignacco, che quel pomeriggio organizzò la lezione nella chiesa (parte integrante della scuola di via Giovanni da Udine), invece che in aula.
L’accusa, per entrambi, è di omicidio colposo. In particolare, alla dirigente si contesta l’omessa individuazione della chiesa, nel Documento valutazione rischi, quale “luogo di lavoro” e della pericolosità dell’acquasantiera, risalente al 1664, oltre che il non avere vietato l’accesso all’edificio a docenti e alunni, avallando piuttosto la prassi della consegna informale delle chiavi al direttore spirituale. Il quale - e questa è la colpa imputata invece a lui - avrebbe dapprima preso l’iniziativa di cambiare sede per la sua lezione e poi, omesso di esercitare la dovuta sorveglianza sull’alunna.
All’udienza preliminare celebrata venerdì 15 settembre davanti al gup del tribunale di Udine, Mariarosa Persico, erano presenti Zilli, con gli avvocati Giancarlo Mariniello e Stefano Buonocore, l’avvocato Giuseppe Campeis, per padre Ioan (assente), e i genitori di Penelope, mamma Laura Libanetti e papà Marino Cossaro, rappresentati dagli avvocati Anna Leonardi e Nicola D’Andrea.
Ritenendo necessario il vaglio dibattimentale, sentite le parti, il giudice ha accolto la richiesta del pm Lucia Terzariol e disposto il rinvio a giudizio sia di Ioan, data «una ragionevole previsione di condanna, per il difetto di vigilanza in luogo diverso dall’aula, vista la prevedibilità dell’azione intraprendente dei bimbi spinti da curiosità», sia di Zilli, per la necessità di valutare «la consuetudine di portare gli allievi nella chiesa anche per le lezioni, circostanza – osserva – non presa in esame dal Dvr».
A pesare, nella ricostruzione accusatoria, è stata la consulenza che l’ingegnere Franco Curtarello aveva depositato al pm. «Riscontrato che l’accesso del docente e degli alunni nel luogo dell’infortunio era ben noto e quindi implicitamente autorizzato dal dirigente scolastico – aveva osservato –, si ritiene che lo stesso doveva essere attenzionato alla stregua di un’aula scolastica».
Argomento, questo, speso anche dall’avvocato Campeis, che ha ricordato come «l’uso della chiesa per il catechismo fosse stato consentito a padre Ioan all’atto dell’assunzione dal precedente dirigente» e sostenuto come «fosse noto a tutti che dovesse essere oggetto di valutazione di rischi».
Nel procedimento, la famiglia non si è costituita parte civile, essendo già stato instaurato a Trieste contenzioso risarcitorio nei confronti del ministero. «I genitori, tuttavia, hanno scelto di essere presenti come spettatori – ha spiegato l’avvocato Leonardi –, perché, non riuscendo ancora a elaborare il lutto, cercano nell’approfondimento penale quantomeno l’indicazione di chi, per colpa o leggerezza, debba rispondere della loro tragedia». —
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