Tre generazioni davanti al forno, addio alla Boutique del pane

La famiglia Savio aprì il negozio in via Cussignacco nel 1904 con il signor Silvio Mario: «Si è puntato tutto sui grandi centri commerciali penalizzando chi da una vita si fa in quattro»
Udine 28 Dicembre 2013 savio panificio Telefoto Copyright Petrussi
Udine 28 Dicembre 2013 savio panificio Telefoto Copyright Petrussi

Il centro di Udine si appresta a perdere un altro pezzo della sua storia e a dire addio a tre generazioni di panettieri che hanno segnato gli ultimi 109 anni della città. Questa sera, infatti, chiuderà definitivamente il panificio “La Boutique del pane” di Mario Savio che dopo 58 anni di lavoro ha deciso di gettare la spugna e di dire addio a una passione che, per la sua famiglia, affonda le radici oltre un secolo fa.

La famiglia Savio inizia la propria attività nel 1904 quando il nonno di Mario, il signor Silvio, apre il suo primo forno alle spalle di piazza XX settembre prima di trasferirsi, nel 1911, di fronte a Colutta. A Udine, però, arriva la Grande Guerra, i Savio scappano a Firenze per mettersi al sicuro e, al loro ritorno, trovano la devastazione totale, ma non si perdono d’animo. Da friulani veri si rimboccano le maniche e nel 1921 aprono il panificio in via Cussignacco dando il via ufficiale a una storia che si concluderà, con tanta tristezza, questa sera. I Savio nella strada ci mettono il cuore.

Nel 1930 acquistano le due abitazioni adiacenti al forno («per 942 lire di cui 42 di spese notarili»), e il papà di Mario, Amleto, che nel frattempo era subentrato al nonno, trova anche l’amore sposando Filomena conosciuta dal dentista a due passi dal panificio. La sveglia prima dell’alba e i duri ritmi di lavoro non sono un problema, ma un’autentica passione che scorre nelle vene di tutta la famiglia e, quindi, anche di Mario che dopo un abbondante garzonato – dall’età di 18 anni – prende il posto del padre nel 1970.

E per quasi mezzo secolo inventa nuove forme di pane, ripropone le tipologie storiche della città e di tutto il Friuli, diventa un punto di riferimento per tutto il quartiere e serve i suoi prodotti alla clientela sempre con il sorriso stampato in volto. Sino a poco tempo fa quando decide di dire basta. Non per il poco lavoro, o per le 76 candeline appena soffiate, ma perché tasse e burocrazia gli fanno dire che, in fin dei conti, non ne vale più la pena.

«Ho dovuto perfino vendere un garage – ha detto Mario Savio – per continuare a tenere in vita l’attività, ma adesso non ce la faccio davvero più. La nostra è una piccola boutique che deve far fronte a spese folli. Non soltanto di gestione, ma soprattutto di contributi. Il comune ci ha aumentato le tasse sui rifiuti del 48% e solo quest’anno ho pagato qualcosa come 1.920 euro senza tenere in considerazione tutto il resto che dobbiamo versare all’erario. Francamente non vale più la pena lavorare se lo stato decide di togliere quasi tutto quello che, con fatica e sudore, una persona riesce a guadagnare.

Dispiace davvero, perché mi sento nel pieno delle forze e perché si chiude un’era, ma non vedo alternative. Oggi sono un uomo triste, ma con la consapevolezza che in questa situazione è davvero inutile faticare 14 ore al giorno». E non manca, in casa Savio, una critica feroce nei confronti delle scelte politiche locali. «Non esiste alcuna tutela – ha concluso Mario – nei confronti delle piccole aziende e, in particolare, di quelle a gestione familiare.

Si è puntato tutto sui grandi centri commerciali penalizzando chi, come noi, da una vita si fa in quattro per cercare di far quadrare i conti e per offrire ai cittadini un prodotto fresco e di qualità. E non voglio nemmeno dimenticare la burocrazia italiana con la quale è impossibile combattere e che rappresenta un ostacolo insormontabile per chi vuole provare a fare impresa o a realizzare innovazione all’interno di una realtà già esistente. Speriamo che qualcuno si faccia avanti per subentrare nell’attività, ma non mi sembra facile.

Noi chiediamo un affitto ragionevole, e appena tre mesi di caparra, ma quelli che si sono presentati in questo periodo trovano grande difficoltà a ottenere anche un minimo finanziamento da parte delle banche».

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